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Il riscaldamento globale accelera oltre le soglie previste: non bastano più promesse e piani. Servono azioni immediate e soluzioni concrete, già disponibili, per evitare gli impatti peggiori

La stragrande maggioranza degli scienziati afferma che il cambiamento climatico è causato dalle emissioni di gas serra, di cui circa tre quarti è costituito da anidride carbonica. Gli stessi scienziati ci dicono anche che, negli ultimi 170 anni, le attività umane hanno aumentato la concentrazione di CO₂ nell’atmosfera del 47% rispetto ai livelli preindustriali osservati nel 1850. L’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha stimato che l’anidride carbonica si stia accumulando più rapidamente che in qualsiasi altro momento della storia umana, con un aumento delle concentrazioni di oltre il 10% solo negli ultimi due decenni. Nel 2024 gli inquinanti responsabili del riscaldamento globale hanno raggiunto livelli record: 430 ppm per la CO₂, un valore pericolosamente vicino alla soglia di 450 ppm. Quest’ultima è considerata un punto di riferimento condiviso per mantenere il riscaldamento entro livelli gestibili, perché superarla significa aumentare significativamente la probabilità di impatti climatici gravi e potenzialmente irreversibili, come l’innalzamento del livello del mare, eventi meteorologici estremi e interruzioni nelle forniture alimentari globali.

Il livello di inquinamento è del 51% superiore a quello precedente la Rivoluzione Industriale, quando si iniziò a bruciare grandi quantità di carbone, petrolio e gas fossile. La concentrazione di CO₂ nell’atmosfera sta crescendo principalmente a causa dell’uso di combustibili fossili — come gas, petrolio e carbone — per la produzione di energia. Infatti, oltre due terzi delle emissioni di gas serra provengono dalla produzione e dal consumo di energia. Ecco perché è cruciale concentrarsi su tutti quei settori, come energia e trasporti, che dipendono fortemente dai combustibili fossili. Inoltre, sappiamo che da oltre un decennio il settore dei trasporti — in particolare il trasporto su strada — rappresenta la principale fonte di gas serra nelle economie avanzate come Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito.

L'inquinamento
Il livello di inquinamento è del 51% superiore a quello precedente la Rivoluzione Industriale, quando si iniziò a bruciare grandi quantità di carbone, petrolio e gas fossile

Sebbene la variabilità naturale abbia un ruolo, le prove scientifiche indicano chiaramente che le attività umane (soprattutto le emissioni di gas serra che intrappolano il calore) sono le principali responsabili del riscaldamento del pianeta: le temperature dell’aria sulla Terra aumentano sin dalla Rivoluzione Industriale. Secondo la NASA, la temperatura media globale del pianeta è aumentata di almeno 1,1 °C (1,9 °F) dal 1880. Gli ultimi 10 anni sono stati i più caldi mai registrati. La maggior parte del riscaldamento si è verificata dal 1975, a un ritmo di circa 0,15-0,20 °C per decennio. Le temperature superficiali globali hanno toccato un nuovo record nel 2024, superando quello del 2023: è stato inequivocabilmente l’anno più caldo da quando sono iniziate le misurazioni a metà Ottocento. Il 2024 è stato di gran lunga più caldo di qualsiasi anno precedente il 2023, ed è stato anche il primo anno in cui la temperatura media ha superato chiaramente di 1,5 °C il livello preindustriale, ossia la soglia fissata dall’Accordo di Parigi per ridurre significativamente i rischi e gli impatti del cambiamento climatico.

Nonostante queste cattive notizie, ci sono buone ragioni per essere ottimisti. Sempre più aziende in diversi settori — spinte da investitori e consumatori — hanno iniziato una vera transizione “verde”, adottando comportamenti e tecnologie mirati a ridurre le emissioni di gas serra. Un altro segnale incoraggiante è che conosciamo già le soluzioni tecnologiche ed economiche necessarie per rallentare e mitigare gli effetti più drammatici del cambiamento climatico: da un lato, l’uso di fonti rinnovabili ed elettrificazione dei trasporti, dall’altro, strumenti come la carbon pricing o incentivi per le tecnologie a basse emissioni.

Le temperature
Il 2024 è stato il primo anno in cui la temperatura media ha superato chiaramente di 1,5 °C il livello preindustriale, ossia la soglia fissata dall’Accordo di Parigi per ridurre significativamente i rischi e gli impatti del cambiamento climatico

Entrambi i fattori, insieme a politiche climatiche mirate, hanno già avuto un impatto sull’economia. Infatti, per gran parte della storia economica moderna, la crescita economica è stata strettamente legata all’aumento delle emissioni di gas serra. Tuttavia, grazie a miglioramenti costanti nell’intensità energetica della crescita economica (cioè meno energia necessaria per produrre un’unità aggiuntiva di PIL globale) e, più recentemente, al forte aumento delle installazioni di energia pulita, si è registrata una crescente divergenza tra crescita del PIL ed emissioni di CO₂ nella maggior parte delle economie mondiali. Nelle economie avanzate, la crescita del PIL è proseguita anche dopo il picco delle emissioni di CO₂ raggiunto nel 2007, seguito poi da un calo. In molte economie emergenti e in via di sviluppo, le traiettorie delle emissioni di CO₂ e della crescita del PIL hanno iniziato a divergere.

In questo senso, l’Unione Europea è da tempo un leader nelle politiche climatiche, con risultati notevoli: oggi il 47% dell’elettricità europea è prodotta da fonti rinnovabili.

Tuttavia, nessuna politica climatica ed energetica sarà sufficiente senza il supporto di azioni e comportamenti coerenti da parte di imprese e cittadini, perché l’evidenza empirica (ad esempio l’aumento delle temperature medie) ci mostra che il cambiamento climatico è già in corso da tempo — e, purtroppo, alcuni dei suoi effetti sono irreversibili. Abbiamo ancora tempo, anche se relativamente poco, per rallentare il cambiamento climatico e prevenire le conseguenze più drammatiche. Perché dobbiamo — e possiamo — cambiare ora, se vogliamo limitare gli impatti peggiori del cambiamento climatico in tutto il mondo nei prossimi decenni.

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