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La maggior parte delle piccole e medie imprese europee è ancora impreparata ad affrontare gli impatti economici del cambiamento climatico. E solo chi ha già investito in sostenibilità sembra in grado di reagire

L'analisi dei danni economici legati eventi meteorologici estremi rivela uno scenario preoccupante. Secondo il rapporto congiunto della Banca Centrale Europea e dell'EIOPA, pubblicato a dicembre 2024, tra il 1981 e il 2023 le catastrofi naturali legate al cambiamento climatico hanno provocato all'interno dell'Unione Europea perdite economiche dirette stimate in circa 900 miliardi di euro. Particolarmente allarmante è la concentrazione temporale di questi danni: un quinto si è verificato nel solo triennio 2021-2023, con costi rispettivamente di 65 miliardi nel 2021, 57 miliardi nel 2022 e 45 miliardi nel 2023.

In questo scenario, le PMI presentano molteplici aspetti di vulnerabilità. In primo luogo, le PMI dispongono generalmente di riserve finanziarie più limitate rispetto alle grandi imprese, e questo riduce la loro capacità di assorbire shock esterni senza compromettere la continuità operativa. In secondo luogo, la concentrazione geografica spesso circoscritta le espone maggiormente a rischi localizzati, senza i benefici della diversificazione territoriale di cui possono godere le imprese multinazionali. Inoltre, l'accesso limitato a strumenti finanziari avanzati e a competenze specialistiche compromette la loro capacità di adottare strategie di adattamento. La dipendenza da catene di approvvigionamento locali, infine, se da un lato può rappresentare una strategia di mitigazione, dall'altro aumenta la vulnerabilità a eventi estremi.

Ma quanto sono consapevoli le PMI europee di questi rischi, e quali strategie attuano per mitigare o trasferire il rischio climatico? 

Con riferimento al primo punto, una recente ricerca condotta dal Sustainability Lab di SDA Bocconi ha evidenziato che la consapevolezza dei rischi climatici delle PMI europee presenta un quadro eterogeneo. Lo studio evidenzia come, in media, il 50% delle PMI analizzate riconosca la propria esposizione ai rischi climatici, con differenze geografiche che vanno dal 75% dell'Italia al 31% della Slovenia. Particolarmente interessante è la relazione tra maturità nell'ambito della sostenibilità e percezione del rischio: il 69% delle aziende che hanno adottato strategie di sostenibilità mostrano un’elevata consapevolezza, nettamente superiore alla media, mentre le ritardatarie si fermano al 33%. 

Con riferimento al secondo punto, relativo alla gestione del rischio, lo studio evidenza come l'assicurazione tradizionale contro gli eventi estremi rimanga lo strumento principale, con un tasso di adozione medio del 31%. L'assicurazione contro l'interruzione dell'attività segue al 16%, mentre soluzioni più innovative come i partenariati pubblico-privati e gli accordi di trasferimento e condivisione del rischio mostrano tassi di adozione più modesti. 

La ricerca rivela un aspetto particolarmente significativo: le imprese più avanzate nel percorso di sostenibilità adottano soluzioni di gestione più sofisticate e articolate rispetto alle aziende che presentano ritardi in questo ambito. La maggiore propensione delle imprese “sostenibili” verso strumenti di trasferimento del rischio climatico, unitamente alla loro più elevata implementazione di strategie di adattamento, sembra evidenziare una relazione positiva tra maturità sostenibile e resilienza. Questo collegamento sembra dimostrare che le imprese che hanno integrato la sostenibilità nei propri modelli di business non si limitano a rispondere alle aspettative degli stakeholder, ma sviluppano anche una capacità superiore nell'identificare, valutare e mitigare i rischi. Tale approccio consente loro di posizionarsi strategicamente per affrontare con maggiore efficacia le sfide derivanti dal cambiamento climatico nell'attuale contesto economico.

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