 
  CAT Bonds: finanza estrema per rischi estremi
Con il crescere della frequenza e dell’intensità dei disastri legati al clima, il settore finanziario si trova di fronte a una sfida urgente: come garantire accesso immediato alla liquidità quando si verifica una catastrofe. Una soluzione promettente, ma ancora poco sfruttata, risiede nelle obbligazioni catastrofali — meglio note come CAT bonds. Sebbene poco conosciute dal grande pubblico, esse potrebbero giocare un ruolo cruciale nel costruire resilienza finanziaria di fronte al rischio climatico.
L’idea alla base dei CAT bonds è tanto semplice quanto potente: spostare parte dell’onere assicurativo dai bilanci delle compagnie di assicurazione ai mercati dei capitali. In pratica, gli investitori forniscono capitale che non verrà restituito in caso di un disastro naturale predefinito — come un uragano, un terremoto o un incendio boschivo. Ciò allevia i vincoli di liquidità delle compagnie assicurative, aiutandole a coprire i sinistri.
In cambio, gli investitori ricevono alti interessi, a riflettere il rischio significativo che si assumono. Considerate le crescenti perdite economiche derivanti dai disastri naturali, non si tratta solo di un’ipotesi teorica. All’inizio del 2025, il mercato globale dei CAT bonds ha raggiunto il massimo storico di 52,2 miliardi di dollari di volume in circolazione — un aumento del 17% rispetto all’anno precedente e un chiaro segnale che la domanda di soluzioni di mercato per il rischio climatico sta crescendo rapidamente.
Tuttavia, la realtà è più complessa del concetto. Un limite importante dei CAT bonds è quello noto come basis risk — il disallineamento tra le perdite effettive di un assicuratore e le condizioni di attivazione del bond. Molti CAT bonds si basano su trigger parametrici legati a danni aggregati su regioni o settori. Ciò significa che un assicuratore può subire pesanti perdite locali a causa, ad esempio, di un uragano, ma non ricevere alcun rimborso se la soglia a livello di settore non viene raggiunta. In quel caso, oltre a subire le perdite, deve anche rimborsare gli investitori.
Non si tratta soltanto di un difetto tecnico: è una debolezza strutturale. Uno strumento nato per ridurre il rischio può, se mal calibrato, diventare fonte di ulteriore pressione finanziaria.
Esistono poi difficoltà anche dal lato degli investitori. Nonostante i rendimenti attraenti e i benefici in termini di diversificazione, i CAT bonds restano un prodotto di nicchia. Sono complessi da valutare: stimare la probabilità di eventi rari ed estremi richiede modelli avanzati e conoscenze interdisciplinari, che spaziano dalla climatologia alla sismologia. La maggior parte degli investitori non possiede questa expertise specializzata. Inoltre, molti investitori istituzionali si trovano di fronte a vincoli regolamentari o interni che limitano gli investimenti in asset ad alto rischio e poco liquidi.
Il risultato è un mercato che, nonostante le dimensioni record, non ha ancora espresso appieno il proprio potenziale. In teoria, i CAT bonds potrebbero essere usati molto più ampiamente — non solo dalle compagnie assicurative, ma anche da banche e altre istituzioni finanziarie esposte al rischio climatico. Si pensi a una banca che si trova a fronteggiare insolvenze sui prestiti dopo un’alluvione o un incendio. Un CAT bond su misura potrebbe coprire quell’esposizione, rafforzando la stabilità del bilancio della banca proprio nel momento di maggiore vulnerabilità.
In definitiva, i CAT bonds rappresentano una frontiera affascinante della finanza climatica: non una soluzione miracolosa, ma uno strumento potente — se progettato e applicato in modo efficace. La loro evoluzione dipenderà da tre miglioramenti chiave: meccanismi di attivazione più accurati, modelli di valutazione migliori e un accesso più ampio per gli investitori.
In un mondo sempre più plasmato da rischi climatici sistemici, simili innovazioni non sono un lusso. Sono una necessità.
 
