
ONG vs Stato: chi vince la sfida della sanità?
Negli ultimi vent’anni, le Organizzazioni Non Governative (ONG) sono diventate attori chiave nella fornitura di servizi essenziali nei paesi in via di sviluppo, in particolare nell’Africa subsahariana. In Uganda, come in molte altre nazioni della regione, le ONG rappresentano la principale fonte di servizi sanitari di base per le comunità rurali. Tuttavia, la loro crescente influenza ha sollevato un dibattito acceso sul loro impatto a lungo termine sulla capacità governativa e sullo sviluppo sostenibile.
Un recente studio di Erika Deserranno (Università Bocconi), Aisha Nansamba (BRAC International) e Nancy Qian (Northwestern Kellogg MEDS) pubblicato sul Journal of the European Economic Association ha trattato proprio questo dilemma: gli aiuti forniti dalle ONG rafforzano o indeboliscono la capacità dei governi locali di offrire servizi pubblici? La risposta è complessa e svela un quadro sorprendentemente sfaccettato.
ONG e governo in competizione per le risorse umane
L’ingresso delle ONG nelle comunità rurali dell’Uganda ha prodotto due effetti opposti sulla capacità del governo di fornire servizi sanitari. Da un lato, le ONG spesso offrono salari significativamente superiori rispetto al settore pubblico – in alcuni casi fino a 20 volte maggiori – attirando così i lavoratori più qualificati dalle strutture governative. Questa "fuga di cervelli" locale ha ridotto il numero di operatori sanitari governativi, minando la capacità dello Stato di fornire servizi essenziali con un conseguente peggioramento degli indicatori di salute, tra cui un aumento della mortalità infantile.
D’altro canto, nelle comunità in cui la manodopera qualificata è relativamente abbondante, l’ingresso delle ONG ha integrato e potenziato i servizi governativi, assumendo personale aggiuntivo senza sottrarre risorse umane allo Stato. In queste aree, l’interazione tra personale ONG e operatori governativi ha stimolato una sana competizione e cooperazione, migliorando così l’accesso ai servizi sanitari per la popolazione locale.
Il modello duale delle ONG: opportunità economiche e incentivi distorcenti
Un altro aspetto degno di nota è il modello di remunerazione adottato dalle ONG: gli operatori sanitari vengono pagati in base al numero di prodotti sanitari venduti, come oli fortificati e saponi, piuttosto che per i servizi di assistenza medica offerti. Questo sistema di incentivazione, pur aumentando il reddito degli operatori e migliorando la distribuzione di beni essenziali, ha un effetto collaterale significativo: gli operatori tendono a concentrare i loro sforzi sulla vendita di prodotti piuttosto che sull’erogazione di servizi sanitari critici, come le visite prenatali e postnatali.
Il risultato è un paradosso: nelle comunità dove le ONG assumono operatori governativi, la qualità e la frequenza dei servizi sanitari diminuiscono, con un impatto negativo sulla salute della popolazione. Tuttavia, nelle aree dove le ONG integrano l’offerta pubblica senza sottrarre personale, il sistema si traduce in una migliore copertura sanitaria.
Un equilibrio fragile tra aiuto e dipendenza
L’analisi suggerisce che gli aiuti delle ONG non sono intrinsecamente buoni o cattivi, ma il loro impatto dipende dal contesto locale, in particolare dalla disponibilità di manodopera qualificata. Nei luoghi in cui le ONG competono con il governo per risorse umane scarse, rischiano involontariamente di indebolire la capacità dello Stato a lungo termine, creando una dipendenza cronica dall’aiuto esterno. Al contrario, nelle aree con una maggiore disponibilità di lavoratori qualificati, le ONG possono svolgere un ruolo complementare, rafforzando la capacità di risposta sanitaria del governo. Come spiega Erika Deserranno, “Se le ONG devono iniziare a lavorare in luoghi dove la manodopera qualificata è scarsa, sarebbe utile investire di più nella formazione e in altre attività di sviluppo delle capacità che aumentino allo stesso tempo l’offerta di manodopera qualificata.”
Lo studio suggerisce che una pianificazione più coordinata e un maggiore allineamento tra ONG e governi locali potrebbero massimizzare l’impatto positivo degli aiuti, evitando gli effetti indesiderati del “poaching” e migliorando la sostenibilità a lungo termine. L’intervento delle ONG, dunque, può rappresentare una benedizione o un ostacolo per la capacità di uno Stato di fornire servizi essenziali, a seconda di come viene gestito. L’auspicio è che le future politiche di cooperazione internazionale si orientino verso modelli più sostenibili e rispettosi delle dinamiche locali.