L’IA entra in classe, una sfida per tutto il sistema
Come spesso capita nelle genesi imprenditoriali, le aziende nascono dalle esperienze negative vissute degli imprenditori. È successo così anche ad Antonio Pisante, fondatore di Yellow Tech, società di formazione tecnologica specializzata sui temi dell’IA e sul settore Education. “Con la scuola non ho mai avuto un buon rapporto, almeno fino a prima di entrare in Bocconi”, ricorda Pisante, che nell’ateneo si è poi laureato nel 2017. “Forse per questo fin dagli esordi della mia attività ho voluto fortemente creare qualcosa di utile per migliorare l’ambiente scolastico. All’inizio avevo pensato a un chatbot tutor basato sull'IA e dedicato agli studenti. Era un tentativo, credo il primo in assoluto, di democratizzare con l'intelligenza artificiale l'apprendimento personalizzato, un metodo efficace ma storicamente reso elitario e non scalabile dal modello delle ripetizioni private. L’idea era affascinante, ma a livello di business si è rivelata insostenibile: chi avrebbe avuto interesse e budget per pagare uno strumento del genere?”
Quindi ha cambiato rotta?
Esatto. Abbiamo capito che non bastava fornire la tecnologia, ma che era fondamentale insegnare a usarla correttamente. Da qui la virata sulla formazione, che portiamo avanti seguendo due linee guida: far crescere la consapevolezza sui limiti dell'IA, svelando per esempio le “allucinazioni" che ancora confondono gli algoritmi, e sviluppare le competenze pratiche per sfruttarne al contrario il potenziale, dall'analisi dati alla ricerca, alla creazione di nuovi contenuti. Siamo partiti dalle aziende, dove c'è una maggiore prontezza all'adozione per ragioni di competitività e budget, per poi entrare nelle scuole sfruttando i bandi pubblici, in particolare ora quelli finanziati dal Pnrr.
Con Yellow Tech proponete corsi su misura per docenti, studenti e personale amministrativo. Quali sono i vantaggi specifici per ciascuna componente del sistema scolastico?
Il nostro approccio è diverso per ogni gruppo. Per docenti e personale amministrativo, il principio che sposiamo è lo stesso: l'IA può aiutare a svolgere il lavoro di sempre in modo più veloce, efficiente e, a volte, migliore. Per gli insegnanti facciamo un lavoro ancora più specifico costruendo i corsi dopo aver analizzando le loro attività quotidiane: la preparazione di materiali didattici, la correzione di compiti, la comunicazione con le famiglie. Mostriamo come l'IA possa automatizzare o velocizzare questi processi. L'obiettivo è trasformare quattro ore di lavoro pomeridiano in una, dedicando il tempo risparmiato alla qualità dell'insegnamento. E la qualità aumenta davvero: con l'IA si possono creare esercizi personalizzati e interattivi, superando il vecchio "copia e incolla" da internet. Allo stesso modo abbiamo trascorso giorni interni in una scuola per capire le mansioni di tutte le diverse figure del personale non docente. Gran parte del loro lavoro si basa sull'analisi e la gestione di documenti, la scrittura di email, l'uso di Excel e presentazioni e i corsi per loro mostrano come l'IA possa efficientare enormemente tutte queste attività routinarie.
Gli studenti, però, questi strumenti li conoscono e usano già…
Sì, se in una classe di docenti il 20% ha già esperienza con ChatGPT, tra gli studenti questa percentuale sale all'80-90%. I ragazzi usano già l'IA in molte attività, ma spesso in modo improprio, senza conoscerne limiti e meccanismi. Il nostro lavoro con loro non è incentivare l'uso, ma costruire consapevolezza: spiegare che cosa sono le allucinazioni, perché un modello può sbagliare, cosa significa "etica dell'IA" e come funzionano davvero questi software. Naturalmente facciamo anche attività pratiche e lavori di gruppo per insegnare a usare l'IA per ricerche o presentazioni.
Quali sono gli elementi che determinano il successo di un corso di formazione sull’IA nel contesto scolastico?
La qualità del formatore è l'elemento più importante. Deve possedere una conoscenza approfondita e corretta dell'IA e, allo stesso tempo, avere capacità di insegnamento per ispirare i partecipanti. Un altro fattore è l'età dei docenti. Infine, un ruolo cruciale è giocato dalla sensibilità dei dirigenti scolastici e dalla struttura organizzativa della scuola. Abbiamo notato, per esempio, una grande differenza tra Nord e Sud: al Nord molte più scuole si sono dimostrate attrezzate per cogliere le opportunità dei fondi pubblici, spesso grazie alla presenza di un "animatore digitale" attivo.
A lungo termine lei non vede il rischio che l'IA possa "spegnere il cervello" dei giovani e addirittura sostituire gli insegnanti?
C'è la possibilità che le prossime generazioni perdano fiducia negli insegnanti vedendo un chatbot onnisciente come una fonte di sapere più affidabile. D'altra parte, però, il metodo di insegnamento frontale è rimasto quasi immutato dai tempi degli antichi greci mentre intorno tutto è cambiato; forse è arrivato il momento di ripensarlo, tenendo sempre l'umano al centro. Vedo più rischiosa l’abitudine a delegare completamente il ragionamento all'IA: alla lunga questo può impoverire le capacità intellettuali dell’essere umano, così come l’abuso di Google e dei motori di ricerca in fondo ci ha disabituati a memorizzare. Per questo è cruciale lavorare sulla consapevolezza e forse anche stabilire un limite di età per l'uso di certi strumenti, per permettere al pensiero critico di svilupparsi pienamente. Noi stessi, per i corsi agli studenti, seguiamo le policy dei grandi fornitori come OpenAI e ci rivolgiamo solo ai maggiori di 14 anni.
Mentre si spinge per l’integrazione dell’IA in classe, quest’anno dalle aule sono stati banditi gli smartphone. Non è una contraddizione?
Può sembrare un paradosso, ma io personalmente sono d'accordo con questa novità. Proprio perché questi strumenti sono così potenti e pervasivi nella vita dei ragazzi, ha senso creare dei momenti "disconnessi", come le ore di lezione, per far lavorare il cervello senza device. L'importante è che non si demonizzi la tecnologia: a casa gli studenti devono poter usare questi strumenti, perché sono ormai parte del mondo. Si può studiare l'IA a scuola anche senza usarla in quel preciso momento, per poi applicarla a casa. L'obiettivo non è mai bandire, ma sempre educare all'uso consapevole.
Dentro la scuola: chi include, chi esclude, chi decide
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