Contatti

L’elogio della volatilità

, di Davide Ripamonti
Dal silenzio del lockdown ai cieli dei Pirenei: il docente Bocconi Paolo Guenzi ha trasformato la fotografia naturalistica in una riflessione sul tempo, sull’equilibrio e sulla libertà

Paolo Guenzi, professore di marketing alla Bocconi, fotografa uccelli. Non per collezionarli in un album di scatti estetici, ma per imparare da loro. «Hanno molto da insegnarci», dice. Antichi quanto la vita sulla Terra, gli uccelli sono un simbolo di resistenza e leggerezza: creature che attraversano il tempo, sopravvivendo a catastrofi e cambiamenti, capaci di trasformare la fragilità apparente in forza.

La passione di Guenzi è nata in uno dei momenti più cupi della recente storia collettiva, durante la pandemia di Covid-19. «Ero solo in casa, passavo ore sul balcone ad ascoltare quel silenzio irreale. Un giorno ho visto passare uno stormo di anatre, poi un airone, e ho pensato: anche in un momento così brutto c’è qualcosa di bello». Così è cominciata una ricerca — fotografica ma anche esistenziale — che lo ha portato, a pochi chilometri da Milano, nel Parco Agricolo Sud e nelle garzaie del Lodigiano, a scoprire una natura inattesa, vitale, fatta di aironi, ibis e cicogne.

La fotografia come esercizio di pazienza

Fotografie fatte di lunghi appostamenti, perché Paolo Guenzi preferisce la tecnica dello scatto singolo, quella più difficile ma anche più gratificante. E così sono nati splendidi servizi che ha proposto ogni anno al Festival della fotografia etica di Lodi, dove sono stati esposti con grande soddisfazione dell’autore e successo di pubblico.

«Ho voluto ritrarre questi abitanti della zona che pochi conoscono», racconta. «Siamo abituati a vederli ma non a soffermarcisi. E invece sono lì, sono importanti: ritrarli mi rilassa, mi aiuta a rallentare. Fotografarli mette in gioco la pazienza, mentre io nella vita sono una persona molto impaziente, come tanti di noi».

Dai “Lodigiani del cielo” ai Pirenei

Dai Lodigiani del cielo, il nome del primo progetto, Guenzi è arrivato a Rapacità produttiva, frutto di un’avventura fotografica sui Pirenei per ritrarre specie come il grifone e il gipeto, un tempo abbondanti e poi estinti per la caccia indiscriminata, successivamente reintrodotti per riparare a quell’errore e per la loro funzione ecologica.

«Sono uccelli straordinari, che nutrendosi di cadaveri prevengono la proliferazione batterica e svolgono quindi un ruolo importante. Scherzando, ma non troppo, mi piace dire che sono un perfetto esempio di economia circolare».

La bellezza dietro l’angolo

Una passione che cresce ogni giorno e che può trovare sfogo in viaggi lontani, ma anche dietro l’angolo di casa riserva sorprese inaspettate. «Chiunque di noi, qualunque studente della Bocconi per restare nel nostro ambito, può in pochi minuti dall’università trovare angoli dove fotografare uccelli che si nutrono, che insegnano ai piccoli i segreti del volo o i piccoli stessi che escono dall’uovo. Sono esperienze bellissime».

Fotografare gli animali, aggiunge Guenzi, permette anche di entrare in connessione con la natura, di stabilire contatti quasi mistici, anche perché spesso inattesi. «Ricordo un viaggio in Norvegia per fotografare un rapace che vive solo da quelle parti, l’ulula. Mi sono avvicinato talmente tanto che aspettavo si voltasse e se ne andasse, come fa nel 99% dei casi. Invece si è girato verso di me e si è avvicinato. In casi come questo si prova un grande senso di benessere, di armonia, perché succede qualcosa che non sai neanche spiegare. Ho fatto delle foto bellissime».

Nuovi progetti, nuove storie

Uno dei prossimi progetti è la Costa Rica. «Permette di ritrarre gli animali in un contesto ambientale completamente diverso da quelli in cui mi sono mosso finora», spiega Guenzi. «Ma ho anche altre idee, perché la fotografia si presta molto bene per raccontare storie, anche quelle delle persone. Le storie dei mestieri, per esempio, che sono anche le storie degli artigiani. Svolgono un lavoro unico, manuale, con una componente personale e creativa molto forte. Mi piace accomunarli agli artisti, ma rispetto a loro hanno molta meno visibilità e riconoscimento».

La fotografia come metafora del lavoro

Una passione, quella di Guenzi, che qualche volta approda anche in aula, perché si presta bene a illustrare metaforicamente alcuni concetti che come docente vuole trasmettere. «Sono restio a portare esperienze personali in classe», dice, «ma qualche volta lo faccio se ritengo che sia un valore aggiunto. Una fotografia fatta bene, per esempio, non avviene per caso, ma è il frutto di un’attenta pianificazione. Se voglio realizzare un determinato scatto vado cinque volte nello stesso posto per capire a che ora è meglio farlo, da che angolazione e altro. Devo cioè prevedere una serie di cose e, se lo faccio nella maniera giusta, la fotografia poi viene bene. Oppure lo stesso risultato lo ottengo chiedendo a un altro di raccontarmi la sua esperienza e io poi la metto in pratica. Anche questa è pianificazione».

Leggerezza e resilienza

Il potere evocativo della fotografia è molto forte, anche se un po’ banalizzato dall’uso del cellulare, che fa sembrare tutto facile. C’è poi un concetto che sta molto a cuore a Guenzi, e che rappresenta idealmente la parola chiave dei suoi lavori: la volatilità.

«È un termine che normalmente associamo all’economia, ai mercati. Per me è di più. Volatilità significa leggerezza, quella che trasmette il volo degli uccelli. In un periodo in cui il tema del work-life balance sta diventando centrale, penso che tutti abbiamo bisogno di più leggerezza: gli studenti, i manager, le persone in generale. Leggeri e resilienti, proprio come gli uccelli».