Cavalcando la finanza mondiale dal centro dell’Europa
Un Paese che ha saputo riorientare il proprio business finanziario nel solco della trasparenza e della finanza verde, lasciandosi alle spalle l’immagine del paradiso fiscale. È il Lussemburgo, quella che oggi è una delle piazze finanziarie più importanti in Europa e ponte tra mercati internazionali. Non senza difficoltà e sfide per il futuro, come spiega Andrea Prencipe, alumnus Bocconi, CEO di YT Investor Services e chairman di Satispay Europe, che nel Paese vive e lavora da oltre 25 anni.
Quali caratteristiche del sistema finanziario e regolatorio lussemburghese rendono oggi il Paese particolarmente attrattivo per gli investitori internazionali?
Sicuramente la stabilità politica, con partiti politici che non sono in continuo conflitto tra loro e con un’alternanza che avviene in maniera molto soft, che fa sì che il paese sia uno dei dieci rimasti al mondo con rating tripla A. E che fa sì che non ci siano particolari tensioni sociali: come nel resto d’Europa stiamo discutendo della riforma del sistema pensionistico, ma il tutto sta avvenendo in maniera graduale, senza tensioni e scioperi. Inoltre, alla stabilità politica si accompagna quella normativa. Ma, oltre a questo, ci sono altri due elementi che rendono competitivo il Lussemburgo sulla piazza finanziaria.
Ovvero?
Il primo è l’ambiente internazionale. Un ecosistema multilingue in cui i lussemburghesi sono più o meno il 50% della popolazione e peraltro sono concentrati in particolare nel settore pubblico. Ci sono tre lingue ufficiali nel paese. Questo ambiente internazionale si è sviluppato fin dagli anni Sessanta, con gli Eurobond. Che, peraltro, è un mercato che è stato lanciato grazie agli italiani: il primo Eurobond in assoluto è quello di Autostrade per l’Italia. Tutto questo ha poi favorito e facilitato lo sviluppo dei fondi di investimento.
E il secondo elemento?
La capacità di riorientamento strategico. È vero che in passato, il segreto bancario e i regimi fiscali agevolati hanno contribuito allo sviluppo della piazza finanziaria del Lussemburgo – tanto che ancora oggi c’è qualcuno che pensa al Lussemburgo come un paradiso fiscale – tuttavia questo non è più vero da molti anni. Il paese ha saputo rifocalizzare il proprio business, come piazza finanziaria, su altri aspetti, come la trasparenza, la distribuzione cross border di fondi di investimento e la finanza sostenibile. Il Luxembourg Green Exchange è oggi la piattaforma più importante e specializzata a livello globale per i titoli legati alla finanza sostenibile.
Esistono analogie con lo sviluppo di altri piccoli Stati?
Sicuramente esistono dei punti in comune con Svizzera e Singapore – penso alla stabilità politica – o con Irlanda o Malta, ma ci sono anche differenze evidenti: la finanza di Singapore è più orientata verso i mercati asiatici mentre quella lussemburghese è più globale, mentre, per esempio, l’Irlanda ha sviluppato una specializzazione più marcata in fondi alternativi ed hedge funds. Ma forse il tratto veramente distintivo del Lussemburgo è di aver saputo costruirsi un vero e proprio brand come piazza finanziaria.
Quanto contano, oggi, l’innovazione tecnologica e le fintech (penso anche alla sua esperienza in Satispay) per mantenere e rafforzare il ruolo del Lussemburgo come polo finanziario competitivo?
Sicuramente non manca la visione sul fatto che il mondo fintech sia un mondo estremamente promettente. C'è quindi una forte volontà del Lussemburgo di presentarsi e rendersi attrattivo a livello internazionale come hub fintech (e in questo c’è un grande lavoro di promozione del governo del Paese, Granduca in testa, all’estero). Tuttavia, a fronte degli sforzi, i risultati sono ancora un po' work in progress, soprattutto per le realtà early stage, per le quali le piazze di Berlino, Londra o Parigi risultano ancora più attrattive. Dove il Lussemburgo diventa invece più interessante è per le scale-up, come l’esperienza che ho vissuto io con Satispay.
Ecco, parliamo proprio della sua esperienza personale. Quando e come è arrivato in Lussemburgo?
Sono arrivato nel 2000, diciamo che in Italia ho lavorato poco. Come spesso succede, mi sono detto: “Andiamo a fare un’esperienza all’estero, magari giusto un paio di anni”. Sono qui da più di 25. È una storia ricorrente tra gli expat che sono qui. In quegli anni in particolare, le opportunità in una piazza finanziaria in crescita come era quella lussemburghese, erano enormi. Con possibilità di cambi di lavoro e promozioni ai quali in Italia, purtroppo, ci si arrivava solo dopo molti anni. Il vantaggio di vivere in un Paese piccolo, con una popolazione inferiore alla provincia di Varese, è che c’è sempre bisogno di nuova gente.
Questo, tra l’altro, chiama in causa quella che è invece una delle sfide per il futuro del Lussemburgo.
Qual è?
L’attrazione del capitale umano, la sfida con la quale da sempre si confronta il Paese. Uno dei grandi limiti nella crescita del Lussemburgo è stata la difficoltà nel trovare talenti da assumere. Riuscire a rendersi sempre più attrattivo per il capitale umano internazionale sarà cruciale.
Un gigante invisibile
Uno studio Bocconi, pubblicato sulla Business History Review, racconta come il Lussemburgo sia diventato uno snodo globale della finanza. Il caso mostra come realtà di piccole dimensioni possano trasformare la...