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Check-up, prevenzione, telemedicina e supporto psicologico entrano nei pacchetti aziendali, contribuendo a ridisegnare l’equilibrio tra pubblico e privato e aprendo nuove sfide di inclusione

Gli interventi sanitari previsti nei piani di welfare delle imprese stanno vivendo una fase di espansione per via del crescente bisogno di protezione sociale degli individui. Tali interventi alimentano la componente di spesa sanitaria privata che tradizionalmente è sempre stata piuttosto marginale nel passato. In via generale, i piani di welfare aziendale sono stati favoriti dalla riforma fiscale del 2016, che ha incentivato la conversione dei premi di produttività in beni e servizi di welfare. Oltre tre quarti delle imprese con piani strutturati offrono prestazioni sanitarie, spesso attraverso fondi di categoria o polizze integrative (Censis-Confindustria, 2024). Nelle pmi, l’offerta è salita dal 22% nel 2020 al 30,8% nel 2024, mentre le coperture assicurative hanno raggiunto il 43,4% delle aziende (Welfare Index PMI, 2024). Oltre ai fondi integrativi, stanno crescendo servizi diretti: check-up, convenzioni con strutture, telemedicina, programmi di prevenzione e supporto psicologico. 

La pandemia ha acuito il bisogno di servizi non solo legati alla gestione di malattie correlate al lavoro, ma anche di quelli non solo sanitari anche per il nucleo familiare (si pensi alla gestione degli anziani). Inoltre, proprio in quella fase sono state avviate nuove modalità di erogazione dei servizi: nel 2020 circa 14,7 milioni di lavoratori e familiari risultavano iscritti a fondi sanitari integrativi (Ministero della Salute, 2023) e molte aziende avevano introdotto pacchetti di prevenzione e assistenza digitale, in parte mantenuti anche dopo l’emergenza.

Sul fronte della domanda, l’80% del credito welfare viene effettivamente speso e il 38% dei dipendenti considera i servizi sanitari tra i più utili, subito dopo i buoni pasto (Osservatorio Welfare Edenred – 2024). La salute è divenuta un criterio di scelta del posto di lavoro e un indicatore del ruolo sociale dell’impresa che si occupa della “comunità che lavora”.

Queste dinamiche si collocano dentro una cornice più ampia di ibridizzazione del sistema sanitario. Come evidenzia l’Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità di SDA Bocconi (Rapporto OASI 2023), il confine tra pubblico e privato è sempre meno netto: lo spazio della spesa sanitaria è condiviso da Stato, famiglie e imprese, generando un “complesso ibrido” in cui le diverse componenti si intrecciano. In questo contesto, il welfare aziendale non sostituisce il servizio sanitario pubblico, ma lo integra, ampliando l’accesso a prestazioni non sempre garantite dal SSN, in particolare in aree come odontoiatria, diagnostica o salute mentale.

L’espansione del welfare aziendale porta con sé opportunità e rischi. Da un lato, rafforza il ruolo sociale delle imprese, con effetti positivi su motivazione e fidelizzazione. Dall’altro, rischia di ampliare i divari tra lavoratori di grandi aziende e dipendenti di PMI o del settore pubblico, se non accompagnata da adeguati strumenti di regolazione e inclusione.

In sintesi, i servizi sanitari nei piani di welfare aziendale sono oggi una componente di rilievo della spesa sanitaria privata. La loro crescita si inserisce in un processo strutturale di ibridizzazione che ridefinisce l’equilibrio tra pubblico e privato. La sfida è garantire che questo intreccio contribuisca a rafforzare la missione del SSN, evitando nuove fratture sociali e valorizzando il welfare aziendale come leva di sostenibilità e innovazione.

VALERIA DOMENICA TOZZI

Università Bocconi
Unassigned
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