Il tempo è la nuova valuta
Che prezzo ha l’impazienza? Più di quanto immaginiamo. Siamo consumatori present-biased: scegliamo il beneficio immediato anche quando razionalmente non converrebbe (Bartels & Urminsky, 2011). Online questo tratto esplode: pochi minuti di attesa possono ribaltare una scelta (Hui, Thakor & Gill, 1998). Nel retail digitale il tempo è diventato moneta: chi lo fa risparmiare vende di più, trattiene clienti e guadagna fedeltà (Masuch et al., 2024; Harter et al., 2025).
L’e-commerce ha reso la “instant gratification” uno standard. Amazon l’ha costruita come promessa: prima con Prime, poi con il same-day e, a breve, con droni e robot per portare l’attesa a pochi minuti. Nei marketplace multi-seller la velocità non è più un accessorio di servizio: è un prezzo implicito che sposta domanda, margini e ranking. Chi arriva prima conquista il cliente.
Nel food delivery il tempo pesa ancora di più: la partita si gioca sui minuti. Deliveroo, Just Eat e Glovo competono su copertura e cronometro. Il consumatore sceglie: meglio una pizza “buona” in 20 minuti o “eccellente” in 45? Spesso vince la rapidità. Le piattaforme lo sanno e investono per comprimere i tempi, persino tracciando i rider in tempo reale e ottimizzando ogni spostamento — strategie efficaci che però sollevano domande etiche su lavoro e sorveglianza.
Uno studio per quantificare valore dell’attesa nell’e-commerce
Con Elisa Montaguti, Federico Rossi e Chaewon Seol sto conducendo uno studio in corso che mira a quantificare il valore dell’“impazienza” — cioè del tempo di consegna nel digitale — e a capire come la riduzione dell’attesa modifichi domanda e struttura competitiva.
La nostra analisi sfrutta un caso unico: l’avvio di una piattaforma di food delivery in una città, in un momento in cui era l’unico operatore presente. Disponiamo di dati georeferenziati su ordini, tempi effettivi di consegna e distanze cliente-ristorante. Inoltre, possiamo osservare un numero consistente di utenti che traslocano all’interno della città monitorati nel tempo: quando “il ristorante di fiducia” si trova qualche chilometro più lontano dopo il trasloco — pur restando tra le opzioni disponibili — la nuova distanza provoca cambiamenti misurabili nelle scelte. Questi spostamenti, indipendenti da prezzo e qualità, ci consentono di stimare con precisione l’effetto dell’attesa.
Le prime evidenze preliminari mostrano che:
- Ogni minuto di attesa vale circa il 15% del prezzo dell’ordine per il cliente medio; i più impazienti arrivano a pagare fino al 70% in più pur di ricevere prima.
- La prossimità ha finora protetto molti venditori mediocri: essere vicini significava essere scelti anche senza qualità eccelsa.
Ci siamo chiesti quindi: cosa succede se i tempi di consegna si riducessero drasticamente grazie a nuove tecnologie come droni e robot?
Le nostre simulazioni indicano che tagliare del 75% l’attesa raddoppia la quota dei migliori operatori e mette in crisi circa un terzo dei player, soprattutto nei centri urbani. Al contrario, ristoranti e negozi con prodotti di alta qualità situati fuori città diventano improvvisamente più competitivi.
Le piattaforme possono monetizzare l’impazienza: offrire un’opzione di priority delivery che riduce del 10% l’attesa con un sovrapprezzo moderato può aumentare i profitti di circa +30% e, paradossalmente, migliorare il benessere dei clienti più impazienti, che pagano di più ma ottengono ciò che valutano maggiormente — minuti risparmiati.
Implicazioni per imprese, città e policy
Questi risultati si inseriscono in un dibattito più ampio su come la tecnologia stia ridefinendo la concorrenza (Goldfarb & Tucker, 2019) e favorendo la concentrazione dei mercati quando riduce i costi di ricerca e trasporto (Kwon, Ma & Zimmermann, 2024).
Nella mia ricerca sui comportamenti d’acquisto digitali ho osservato come l’integrazione fra canali fisici e online abbia trasformato la profittabilità dei retailer; oggi la nuova frontiera competitiva è la velocità come attributo di prodotto.
Per le imprese questo significa ripensare la logistica come leva strategica: segmentare i clienti per disponibilità a pagare la rapidità, investire in affidabilità e qualità del servizio, scegliere partner tecnologici capaci di garantire consegne sempre più veloci.
Per le città significa prepararsi a una trasformazione del tessuto commerciale: se la distanza non conta più, molti negozi di prossimità rischiano di perdere la loro ragion d’essere, con conseguenze per spazi urbani e vitalità dei quartieri.
Ma l’economia dell’impazienza non è neutrale. Le consegne ultra-rapide pongono interrogativi etici e sociali: condizioni di lavoro dei rider, sorveglianza digitale, impatto ambientale di flotte sempre più veloci. Imprese e policy maker dovranno tenere insieme opportunità economica e sostenibilità sociale, per evitare che la corsa alla velocità generi nuove forme di diseguaglianza o pressioni insostenibili.
Alla fine, la domanda che guiderà scelte di consumo, strategie aziendali e politiche pubbliche sarà semplice ma cruciale: quanti minuti risparmio, quanto valgono per me, quanto sono disposto a pagarli?
In un mondo dove l’avanzamento tecnologico azzera le distanze, sopravvivranno solo i player capaci di trasformare la velocità in valore e la qualità in differenziazione.
Il commercio non dorme mai
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