Il prezzo della sostenibilità
Negli ultimi due decenni si è verificato un cambiamento fondamentale nel modo in cui le imprese definiscono il successo. Oggi ci si aspetta che le aziende creino valore non solo per gli azionisti, ma anche per i dipendenti, i clienti, le comunità e l’ambiente. Questo mutamento è stato guidato da forze potenti: una regolamentazione sempre più stringente, l’attivismo degli investitori e le crescenti aspettative del pubblico affinché le imprese svolgano un ruolo responsabile nella società. I grandi investitori istituzionali analizzano sempre più da vicino come le aziende gestiscono le questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), convinti che la sostenibilità rappresenti un indicatore di resilienza a lungo termine. Quando fallimenti ESG finiscono sulle prime pagine — dalle violazioni dei dati agli scandali ambientali — le conseguenze non si limitano alle aziende coinvolte: reputazioni, valutazioni e persino interi settori possono subirne gli effetti.
In questo contesto, uno dei cambiamenti più visibili nella governance aziendale è stata la rapida diffusione della retribuzione dei dirigenti legata ai criteri ESG. All’inizio degli anni 2010 solo poche aziende includevano metriche di sostenibilità nei loro piani di bonus. Oggi la maggioranza delle società quotate lo fa. Il messaggio è chiaro: le aziende stanno mettendo i soldi dove sono le loro dichiarazioni di intenti. La logica alla base di questa evoluzione è semplice: collegando una parte della retribuzione dei dirigenti a risultati ESG misurabili — come la riduzione delle emissioni, la sicurezza dei dipendenti o obiettivi di diversità — i consigli di amministrazione possono allineare gli incentivi del management ai valori dichiarati e alla strategia di lungo periodo dell’impresa. Inoltre, la remunerazione legata all’ESG può fungere da segnale pubblico che gli impegni di sostenibilità sono concreti e non solo retorici. Per investitori e regolatori, questo segnale sta diventando sempre più importante.
Tuttavia, il cambiamento non è del tutto altruistico. Molte aziende stanno comprendendo che l’ESG non è un centro di costo, ma uno strumento di gestione del rischio e una fonte di vantaggio competitivo. Come evidenziamo nel nostro recente studio “Executive Bonus Adjustments to Industry ESG Violations”, quando le imprese di un determinato settore affrontano ripetute controversie ESG, l’intera reputazione del comparto ne risente. Gli investitori diventano più cauti, le autorità di vigilanza intensificano i controlli e i clienti iniziano a rivolgersi altrove. Le aziende leader, quindi, integrano la sostenibilità nei sistemi di incentivazione non solo per dimostrare responsabilità, ma anche per proteggere il proprio marchio e la posizione nel settore da effetti reputazionali a catena. Basti pensare alle ripercussioni di un singolo scandalo ambientale o sul lavoro: anche le imprese con una reputazione impeccabile possono subire danni d’immagine semplicemente per associazione. Per ridurre questa esposizione al rischio indiretto, le organizzazioni più lungimiranti si muovono in modo proattivo. Integrare le performance ESG nelle strutture dei bonus invia un messaggio chiaro, sia all’interno che all’esterno: questa azienda prende sul serio la responsabilità.
Ci sono però anche voci critiche. Secondo alcuni, gli obiettivi ESG sono spesso troppo vaghi o soggettivi per essere significativi. Quando i traguardi non sono ben definiti, i dirigenti possono raggiungere obiettivi facili, dichiarare successo e ottenere bonus gonfiati — senza produrre un vero cambiamento. Altri mettono in guardia contro un possibile “greenwashing by design”, in cui la retribuzione legata all’ESG diventa più uno strumento di comunicazione che un vero motore di performance.
La differenza tra successo e simbolismo sta nell’esecuzione. I sistemi di remunerazione ESG più credibili condividono alcune caratteristiche comuni. Primo, le metriche scelte sono specifiche e quantificabili — ad esempio, “ridurre l’intensità di carbonio del 10% entro due anni” invece di “migliorare l’impatto ambientale”. Secondo, gli obiettivi sono rilevanti per il business: si concentrano su questioni di sostenibilità che incidono direttamente sulle performance finanziarie e sulla fiducia degli stakeholder. Terzo, i consigli di amministrazione comunicano in modo trasparente i progressi, permettendo agli investitori di valutare se i risultati ESG siano reali o solo apparenti.
In pratica, questo cambiamento richiede molto più che un semplice aggiustamento delle formule di bonus. Richiede un nuovo modo di pensare a ciò che genera valore aziendale. Gli incentivi legati all’ESG funzionano solo se sono integrati nella strategia e sostenuti da un chiaro quadro di governance. Quando i consigli di amministrazione trattano la retribuzione ESG come un esercizio di comunicazione, i risultati sono deludenti. Ma quando la utilizzano per rafforzare la responsabilità e la pianificazione di lungo periodo, può trasformare la cultura e le performance aziendali.
Per molte imprese, l’adozione di una retribuzione legata all’ESG riflette anche dinamiche competitive. Nei settori in cui la reputazione è cruciale — come finanza, energia o tecnologia — essere percepiti come responsabili può aiutare ad attrarre clienti, investitori e talenti. Al contrario, rimanere indietro sulla sostenibilità può essere costoso, poiché le nuove generazioni di lavoratori e consumatori chiedono sempre più che le aziende “facciano ciò che dicono”.
In definitiva, la retribuzione dei dirigenti legata all’ESG è destinata a restare. Ciò che era iniziato come un esperimento di governance è diventato una pratica diffusa, che fonde etica, economia e strategia. La sua efficacia dipenderà da come le aziende la interpreteranno: come uno strumento di gestione significativo o come un mero adempimento formale. Per dirigenti e amministratori, la sfida è trovare il giusto equilibrio. Gli obiettivi ESG devono essere abbastanza ambiziosi da contare, ma sufficientemente concreti da poter essere misurati. Gli incentivi dovrebbero motivare un progresso reale, non solo generare report ben confezionati.
Man mano che investitori, regolatori e società alzano l’asticella, legare la retribuzione alla performance in materia di sostenibilità potrebbe presto diventare non solo un segno di leadership — ma un’aspettativa di base.