Contatti
La povertà lavorativa rimane una sfida in Europa, in particolare nei paesi dell’Europa meridionale e orientale, ed è peggiorata con la pandemia e la crisi del costo della vita. Le risposte politiche spaziano dalle normative sul salario minimo agli strumenti redistributivi come tasse e trasferimenti, con approcci nazionali differenti. Il progetto LIFT-UP mira a ripensare questi strumenti per renderli più efficaci, sostenibili e socialmente accettabili

Nonostante mercati del lavoro solidi e sistemi di protezione sociale consolidati, la povertà tra i lavoratori occupati resta una sfida persistente in Europa. Secondo i dati Eurostat, l’8,2% degli occupati nell’Unione Europea è a rischio di povertà, con forti differenze tra i paesi. Le nazioni dell’Europa meridionale e orientale come Italia (10,2%), Grecia (10,7%), Spagna (11,2%) e Bulgaria (11,8%) registrano tassi particolarmente elevati di povertà lavorativa, mentre i paesi dell’Europa centrale e nordica come Germania (6,5%) e Danimarca (6,2%) presentano livelli più bassi. La pandemia e la successiva crisi del costo della vita hanno aggravato queste tendenze: l’inflazione e la stagnazione dei salari hanno colpito in modo sproporzionato i lavoratori a basso reddito. I giovani, i lavoratori part-time e quelli con impieghi precari sono particolarmente vulnerabili.

L’urgenza di questi sviluppi è riflessa anche nel Pilastro europeo dei diritti sociali della Commissione Europea, un insieme di principi guida per costruire un’Europa equa e inclusiva, anche garantendo che tutti i lavoratori ricevano salari giusti e adeguati. Il sostegno politico ai lavoratori a basso reddito è tradizionalmente arrivato attraverso i salari minimi e tramite il sistema di tasse e trasferimenti.

La teoria economica tradizionale ha a lungo sostenuto che la redistribuzione tramite tasse e trasferimenti debba essere il principale meccanismo di supporto per i lavoratori a basso reddito. Al centro di questo principio vi è l’idea che i prezzi di mercato — compresi i salari — siano indicatori di scarsità; alterarne il ruolo per ragioni distributive creerebbe distorsioni inefficienti. Secondo questa visione, i salari minimi distorcono il prezzo del lavoro e, se fissati troppo in alto, generano disoccupazione involontaria, soprattutto tra i lavoratori meno pagati. Il sostegno ai lavoratori poveri dovrebbe quindi provenire dal sistema fiscale e di trasferimenti, ad esempio attraverso crediti d’imposta come l’Earned Income Tax Credit (EITC) negli Stati Uniti o la Prime d’Activité in Francia. In tali programmi, i redditi di mercato vengono integrati dal governo invece che limitati da regolamentazioni sul salario minimo.

La realtà, tuttavia, è più complessa. La maggior parte dei governi fa affidamento su una combinazione di regolamentazioni salariali e crediti d’imposta per sostenere i lavoratori poveri. Negli ultimi dieci anni, i salari minimi hanno guadagnato una popolarità senza precedenti nel dibattito politico. Diversi paesi nel mondo hanno introdotto nuovi salari minimi legali (ad esempio Hong Kong nel 2011, la Germania nel 2015 e Cipro nel 2023) e altri hanno adottato aumenti ambiziosi (come il Regno Unito dal 2016). Negli Stati Uniti, più della metà degli stati ha un salario minimo superiore a quello federale e oltre 40 città hanno fissato soglie minime più alte rispetto ai livelli statali o federali. Nel 2022, l’Unione Europea ha adottato una direttiva per migliorare l’adeguatezza dei salari minimi, promuovere la contrattazione collettiva nella definizione delle retribuzioni e aumentare l’accesso dei lavoratori alla protezione del salario minimo in tutti gli stati membri. La domanda di politiche sul salario minimo sembra dunque giustificata da richiami a preferenze sociali, come ideali di equità e autodeterminazione.

Selezionare il mix di politiche più adeguato per affrontare le disuguaglianze di reddito richiede una visione più realistica delle politiche esistenti e una comprensione più profonda di come le politiche predistributive e redistributive — come i salari minimi e i sistemi di tasse e trasferimenti — interagiscano nel determinare i risultati salariali e occupazionali dei lavoratori a basso reddito. Ciò implica anche un’attenta valutazione della fattibilità politica e della accettabilità sociale di questi strumenti.

Il progetto LIFT-UP (Lifting Up the Working Poor: Predistribution and Redistribution at the Low End of the Wage Spectrum) è un laboratorio di ricerca che dirigo presso l’Università Bocconi, finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC). La sua ambizione è ripensare come progettare al meglio gli strumenti fondamentali di contrasto alla povertà lavorativa, offrendo orientamenti per riforme concrete che siano non solo economicamente solide, ma anche socialmente e politicamente sostenibili.

 

GIULIA GIUPPONI

Università Bocconi
Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche
Focus

Dove la conoscenza nasce per cambiare le regole

Dalle equazioni che descrivono la turbolenza ai meccanismi della finanza, dalle politiche del mercato del lavoro alle istituzioni dello Stato: i sei nuovi progetti di ricerca dei docenti Bocconi finanziati...

26 Nov 2025, di Elia Brué, Elena Carletti, Michele Fioretti, Giulia Giupponi, Giuseppe Savaré, Edoardo Teso
Leggi tutto