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Web. Serve un mercato

, di Carlo Alberto Carnevale Maffe' - professore di strategia e imprenditorialita' alla SDA Bocconi
Per constrastare gli effetti perversi della neutralità utili i principi di scarsità e priorità pubblica

Se il web deve essere qualcosa di più che un paese dei balocchi per adolescenti loquaci (nel 2010 il peer-to-peer e lo streaming video hanno saturato circa tre quarti delle risorse trasmissive), allora il suo modello economico dovrà darsi una bella regolata. Oggi l'ideologia dominante vuole una "free Internet", che vuol dire sia libera sia gratuita. Ma che finisce per significare irresponsabile, extralegale, oligopolizzante, a causa delle dinamiche di mercati come la pubblicità e il software, con tendenze alla concentrazione monopolistica. Internet deve quindi diventare nuova istituzione di mercato, sistema operativo sociale tanto quanto lo sono stati il diritto e la moneta.

Dal punto di vista economico, Internet è definibile come una piattaforma di scambi multilaterali di esternalità informative, siano esse positive come quelle degli standard interoperabili, oppure negative, come quelle dell'affollamento di traffico e dei contenuti-spazzatura. Ha modificato profondamente i fattori di scarsità nei mercati di beni informativi. Dalla produzione e distribuzione di contenuti, i fattori di scarsità relativa si sono spostati all'attenzione umana e alla disponibilità di risorse infrastrutturali.Con il diffondersi del modello basato sul sussidio (gratuità) dei servizi, si è generato un eccesso di domanda degli stessi, che non viene riequilibrata dal fattore prezzo, elemento educativo fondamentale della domanda stessa. Per diventare istituzione di mercato, Internet deve quindi confrontarsi con un modello di architettura tecnologica e con un sistema di gestione delle scarsità economiche. Deve perciò superare un mito e liberarsi da un'ideologia. Il mito è quello della velocità, a scapito di latenza, ubiquità, permanenza e sicurezza. L'ideologia è quella della network neutrality, che ha un fondamento tecnologico ma viene spesso predicata senza valutarne le implicazioni economiche. Quale architettura tecnologica è più adatta a supportare l'evoluzione in senso istituzionale di Internet, e di conseguenza favorire lo sviluppo economico? La risposta è in quanto è stato fatto per radio e Tv: un servizio universale di accesso wireless con l'uso delle risorse frequenziali più efficienti, dove la priorità non è la banda 'larga' ma la banda 'garantita e sicura'. Dei cinque fattori architetturali fondamentali, ovvero velocità, latenza, copertura territoriale, permanenza di segnale e sicurezza, i più importanti ai fini della produttività economica sono gli ultimi quattro, non il primo. Per i veri 'clienti' della banda larga, ovvero i processi economici delle organizzazioni, cambia di volta in volta il mix critico di fattori architetturali. A essere interessato alla velocità è prima di tutto l'intrattenimento, mentre l'infomobilità necessita di copertura territoriale e permanenza di segnale e la telemedicina richiede bassa latenza; per le applicazioni ICT ad alto valore aggiunto la velocità è dunque il fattore proporzionalmente meno rilevante dei cinque. Quindi serve banda buona, prima che larga; banda universale, come diritto ma anche come dovere; banda sicura e protetta, e non il far west dell'illegalità, della delazione anonima, della pirateria, dell'hackeraggio. Dal punto di vista della gestione delle scarsità economiche, è meglio che non sia un'internet fintamente neutrale, bensì una rete ben gestita che allochi le risorse secondo i principi di scarsità e di priorità pubblica. Sul web, per come è stato progettato dagli informatici, i pacchetti IP non competono sul merito, ma devono ufficialmente essere trattati con assoluto egualitarismo. Ma senza riconoscimento del merito non c'è corretta allocazione di risorse scarse. I piccoli rivoli di pacchetti dati che servono per il telecontrollo del territorio non possono stare in coda ad aspettare che passino i torrenti di scambi illegali di musica. Va creato un mercato trasparente e non discriminatorio dei livelli di servizio, che deve consentire la migliore allocazione della risorsa scarsa costituita dalla capacità fisica della rete e dello spettro. Oggi è fintamente egualitario, perché la moneta cattiva del content sharing illegale scaccia la moneta buona dei servizi a valore aggiunto.