W la delazione anti nullafacenti
Qualcuno sostiene che non si possa esportare la democrazia, così come non si può liberare un popolo dalla mafia, se non è il popolo stesso, la cosiddetta società civile, a desiderarlo e farsi parte attiva. Lo stesso dovrebbe e potrebbe valere all'interno di un'organizzazione, quando parliamo di nullafacenti. Rispetto al "cambiamento di clima post-elezioni", di cui si parla oggi, e alla necessità di aumentare la produttività nel pubblico impiego, ci si dovrebbe aspettare un moto di ribellione, un segnale forte da parte dei numerosi impiegati delle pubbliche amministrazioni, che fanno bene il loro lavoro e che si impegnano all'interno della loro organizzazione, spesso con numerose ore di straordinario non retribuite e giustificate dal fatto che altri, generalmente "intoccabili", non lavorano. I lavoratori onesti, che producono e si impegnano nel loro lavoro, sono però persone a rischio demotivazione, perché oltre a percepire iniquità, demotivante in sé, percepiscono il rischio di appartenere allo stereotipo della categoria "impiegato statale", al quale si associano i principali difetti della burocrazia e dell'inerzia organizzativa: lentezza, abuso di potere, rigorosità formalmente inutile, eccesso di ridondanza, sprechi, ecc. E se nulla cambia, all'interno del loro contesto, l'unica speranza che possono avere, per riequilibrare lo sbilanciamento tra i contributi richiesti e le ricompense percepite, è quella di riuscire, prima o poi, anche loro a "imboscarsi" in un ufficio dai ritmi lenti e esigui carichi di lavoro. Il rischio finale è la diminuzione della employability del lavoratore e dell'efficienza generale del sistema.
Nel breve, una terapia d'urto e senz'altro provocatoria potrebbe essere l'impiego della delazione, tema delicato e complesso: la sindrome italica di "chi fa la spia non è figlio di Maria", o che potremmo anche chiamare "sindrome di Giuda", incorpora un'accezione morale della delazione, perché il delatore, richiamando alcuni sinonimi negativi, è un "venduto, traditore, corvo spione" e nell'ambiente carcerario, della mala in particolare, è considerato un "canarino, mosca, trombetta". Ma nel caso della delazione dei fannulloni, specie nel pubblico impiego, stiamo parlando di denuncia civica, come quella impiegata per la lotta alla pedofilia, alla criminalità contabile e finanziaria, all'evasione fiscale, agli illeciti nei concorsi universitari e alla pirateria informatica.
C'è anche chi propone l'istituzionalizzazione di maggiori benefici ai collaboratori-delatori. Ad esempio, in tema di malversazioni contabili e falso in bilancio, si propone non solo l'annullamento della sanzione (monetaria o penale), ma addirittura un premio ai dipendenti che collaborino;in tal modo si osserva che l'incentivo a rompere l'omertà potrebbe essere sufficiente a far emergere rivelazioni anche in assenza di indagini già avviate. Ritengo che nel caso di delazioni di situazioni di pubblici dipendenti nullafacenti, non dovrebbero esserci premi alla collaborazione, poiché il mercatizzare la relazione di informazione con forme di incentivo, trasformerebbe quello che è un dovere civico in una sorta di taglia o di caccia alle streghe. E non credo che ciò vada a vantaggio di nessuno. Qui il punto è un altro: si tratta di ridare dignità e valore al pubblico impiego, di investire in comunicazione istituzionale su temi quali la deontologia professionale, il senso di appartenenza e il commitment, di rinforzare positivamente, con metodi culturali e non economici, il fatto che pubblico impiego non significa "sistemarsi", ma essere al "servizio" responsabile del cittadino e del contribuente. E soprattutto si tratta di usare la delazione come iniziale provocazione, per intraprendere un vero e proprio progetto di change management, di tipo culturale: in questo senso, come il pentitismo non può e non deve essere un sostituto di altre azione di indagine investigativa, così la delazione nel pubblico impiego non può e non deve essere un sostituto di azioni di intervento organizzativo, atte ad aumentare l'efficienza e la produttività del lavoro.