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A volte ritornano: una seconda vita per le app

, di Francesco Sacco - docente di management
Nate nel 1999, esplodono nel 2008 con l'App Store di Apple e nel 2010 minacciano la centralità del browser

È sempre sorprendente constatare come una rivoluzione possa nascere da un vecchio concetto. I primi negozi online di applicazioni per telefoni cellulari, oggi comunemente definite apps, nascono nel 1999. Offrono un canale di distribuzione del software alternativo e più efficiente, indipendente dai produttori di cellulari, con una relativa semplicità d'uso, facilità nei pagamenti e servizi di aggiornamento. Si sviluppano bene, si moltiplicano e si specializzano, poi si concentrano, ma proprio non sembrano una rivoluzione.

L'App Store di Apple viene lanciato il 10 luglio 2008 e in poco più di due anni riesce a raggiungere numeri sorprendenti: più di 300.000 applicazioni prodotte da circa 45.000 sviluppatori con oltre 7 miliardi di download e un fatturato stimato per la fine del 2010 di 6,8 miliardi di dollari. In molti parlano di "apps revolution": un business ricco, non solo per le grandi software house ma anche per i programmatori; prezzi bassissimi; servizi di pagamento, installazione e aggiornamento facili da usare.Quasi contemporaneamente, si cominciano a notare i primi effetti di questa rivoluzione. Innanzitutto, tutti i produttori di cellulari e di sistemi operativi per cellulari decidono di fare altrettanto: Google, Nokia, Rim, Microsoft, Samsung e altri. L'idea di aprire un apps store sembra buona anche ad altri attori più concentrati sulla distribuzione e la qualità del servizio offerto (tra questi spiccano Amazon e Best Buy) così come ad alcuni operatori di telefonia mobile, che hanno il controllo del cliente e un canale di pagamento già consolidato, come Verizon Wireless, Vodafone e Telecom Italia. Nessuno di loro è ancora riuscito a ottenere risultati economici lontanamente comparabili a quelli di Apple, ma la gara è appena iniziata e c'è in palio un ricco mercato: già dall'anno prossimo in Usa saranno venduti più smartphone che non normali cellulari ed entro il 2012 il numero di smartphone in circolazione supererà il numero dei pc esistenti al mondo. Un altro effetto è voluto, ma quasi inaspettato per la portata delle conseguenze. Lo stesso sistema operativo e le stesse applicazioni degli smartphone, con schermi di maggiori dimensioni, equivalgono a un lettore di ebook o di contenuti digitali. Dopo anni di sperimentazioni piuttosto deludenti, gli editori scoprono che le apps, specie se abbinate a un tablet o a un pad, sono la risposta al loro più grande problema: fare pagare i propri contenuti in un mondo digitale. A pochi mesi dal lancio dell'iPad, anche nel nostro paese, che non è proprio incline a slanci innovativi, non c'è quasi editore che non abbia un'applicazione di lettura per i suoi quotidiani o periodici. Addirittura, Rupert Murdoch ha personalmente deciso il lancio a breve nel Regno Unito di un quotidiano distribuito soltanto su iPad e Richard Branson di un analogo magazine.Infine, come per molte idee di successo, l'idea centrale diventa una metafora e si diffonde in altri ambiti. Google presenta la Google TV, che prevede nuovi canali e servizi installabili come apps e Apple fa lo stesso con la nuova Apple TV, andando anche oltre: annuncia una nuova versione del suo sistema operativo che incorpora il concetto di apps e il lancio entro gennaio 2011 di un App Store per personal computer. A cosa porta questa rivoluzione apparentemente incruenta? Facendo molto discutere, la rivista americana Wired in agosto ha messo in copertina l'annuncio della "morte del web", un'iperbole ma non una boutade: le applicazioni stanno sempre più marginalizzando il mondo di internet centrato su browser, siti e portali a vantaggio di apps che utilizzano gli stessi protocolli di internet e ottengono magari lo stesso effetto, ma sono allo stesso tempo più semplici e potenti. Ma, purtroppo, anche tenendo conto di questi dati di scenario, è ancora troppo presto per capire dove questa giovane rivoluzione condurrà il mondo dell'Ict. Un dato però colpisce: da una ricerca recente di Gfk emerge come gli utenti di smartphone siano molto più fedeli alle applicazioni che usano che non alla marca. Ci sono volte in cui le creature si rivoltano contro i propri creatori.