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Una rivoluzione tra le nuvole

, di Stefano Riela - docente di european economic policy presso il Dipartimento di analisi della politiche e management pubblico della Bocconi
La competitività delle imprese passa anche attraverso la diffusione del cloud computing. Ma più che la regolamentazione sono decisive banda larga e reputazione dei fornitori

Il cloud computing potrebbe fare molto bene alle imprese italiane. Come si sa, con la nuvola si identificano diversi livelli di servizio di information technology, dal semplice storage al software dedicato, offerti tramite la rete. L'utente acquista secondo l'effettiva necessità pay-as-you-go senza bisogno di mettersi in casa una ricca dotazione hardware e software che rimane spesso sottoutilizzata.

Dal lato dell'offerta, il cloud viene presentato come un imperdibile servizio rivoluzionario; dal lato della domanda c'è chi teme per la sicurezza dei propri dati e per la privacy. Rimane indubbio che, dal punto di vista economico, il fenomeno è molto interessante: permettere alle imprese di rendere variabile un costo fisso. Se i cloud provider fossero in grado di sfruttare adeguatamente le economie di scala (creando per esempio enormi server farm con risparmi di energia e di personale) e di farsi concorrenza in maniera effettiva (semplificando per esempio la portabilità dei dati da parte degli utenti) allora si aprirebbero ottime opportunità per il mondo imprenditoriale e quindi per la competitività dei sistemi-paese grazie all'effetto positivo sulla produttività. I settori che potrebbero trarre maggior beneficio sono innanzitutto quelli caratterizzati da una maggior incidenza dei costi di It, quelli in cui è maggiore la variabilità del business (la dotazione It dimensionata per i periodi di picco rimane sottoutilizzata negli altri periodi), quelli in cui è maggiore la diffusione del personale nello spazio e dove è necessario condividere le informazioni. Il cloud può quindi interessare maggiormente i servizi a elevato valore aggiunto (gli stessi servizi Ict, le attività professionali, scientifiche e tecniche e le attività amministrative) e meno le attività manifatturiere tradizionali. Ma se sul fronte settoriale l'Italia può sembrare penalizzata rispetto agli altri partner europei, su quello della creazione e della dimensione d'impresa la storia è diversa. Trasformando il costo It da fisso a variabile, si facilita il raggiungimento del punto di pareggio delle imprese. Questo è un vantaggio non da poco per il nostro paese se si considerano i seguenti fattori: l'elevato tasso di nascita delle nuove imprese, la loro ridotta dimensione e l'elevato impatto di micro e piccole imprese nella creazione di pil e di occupazione. Ancora sul fronte dimensionale (meno su quello settoriale), l'adozione del cloud porterebbe inoltre più benefici all'economia del Mezzogiorno se si considera la maggiore frammentazione del tessuto imprenditoriale. Rimane da affrontare una questione non banale che è il prerequisito per il cloud: la diffusione della banda larga per poter usufruire di servizi erogati in remoto a livello pari di quelli che si avrebbero con l'It tradizionale. Come tutte le tecnologie, il cloud è un processo in divenire che richiede elevati standard di sicurezza e di privacy. Tuttavia la qualità del quadro regolamentare non può del tutto sostituire quella dei comportamenti dei fornitori del servizio, anche solo per il differenziale strutturale tra la velocità dei cambiamenti tecnologici e quella dei processi normativi. Questo vale in massimo grado nel caso del cloud, in cui la dematerializzazione del servizio It e la distanza tra fornitore e utente determina un'asimmetria informativa colmabile, oltre che dalla regolazione, anche dalla reputazione che i fornitori si costruiscono nel tempo, facendo della fiducia un vero e proprio vantaggio competitivo.