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A tutto vapore verso legami sociali piu' saldi

, di Oliviero Baccelli - direttore del Master Memit
Trasporti. Come le infrastrutture hanno contribuito a superare l'insularità dei piccoli stati preunitari

La nascita di una nazione è storicamente accompagnata da una incisiva politica per lo sviluppo di infrastrutture di trasporto. L'obiettivo è evidente: la mobilità delle merci e delle persone contribuisce a rafforzare i legami sociali, culturali, ma anche industriali, fra aree geografiche, ma soprattutto fra cittadini rendendoli più partecipi dello sviluppo economico. Così è stato anche per l'Italia. Nei decenni precedenti l'Unità, infatti, il nostro paese era caratterizzato da un gran numero di piccoli stati e piccole capitali: Torino, Firenze, Napoli, Roma, Modena, Lucca e Venezia. Pertanto la rete stradale era dedicata in modo esclusivo ai traffici di breve e media distanza, con qualche tratto di ferrovia che era stato realizzato più per lustro dei sovrani che per vera esigenza trasportistica, come la Napoli-Portici inaugurata nel 1839 o la Milano–Monza nel 1840.

In sintesi: isolamento e marginalità rispetto ai traffici internazionali erano gli elementi caratterizzanti la mobilità di quasi tutta la penisola. La visione di Cavour, di realizzare infrastrutture di trasporto per unire l'Italia, fu fondamentale per il miglioramento delle strade, intervento che in realtà consisteva principalmente nel renderle carrozzabili, ma soprattutto per lo sviluppo della rete ferroviaria. Nei primi decenni del regno le inaugurazioni di nuove tratte si susseguirono in modo accelerato e la ferrovia divenne in poco tempo non solo il mezzo più veloce per collegare le città italiane fra loro, ma contribuì anche a modificare i flussi di merci e di passeggeri attraverso il riavvicinamento di città storicamente non comunicanti, come Roma e Napoli o Firenze e Bologna. La spinta della modernizzazione e la ricerca dell'integrazione economica con le nazioni oltre le Alpi spinsero alla realizzazione del valico ferroviario del Brennero, inaugurato nel 1867, e la galleria del Moncenisio (lunghezza record per l'epoca di ben 13,673 km), fra Bardonecchia e Modane in Francia (1871), che vennero inaugurate prima della Roma-Firenze, completata nel 1875. Nel 1906, quando gli italiani erano diventati 34 milioni (rispetto ai 27 del 1861), il totale di km di binari realizzati raggiungeva i 13.000, di cui 11.000 realizzati dopo il 1861. Nell'oltre un secolo successivo ne furono realizzati meno di 4.000, passando così da una media di 245 km di nuovi binari all'anno nei primi quarantacinque anni di Regno, ai poco meno di 40 km all'anno nell'ultimo secolo, nonostante il forte sviluppo della domanda, dettato anche dalla pressione demografica che ha permesso all'Italia di superare i 60 milioni di abitanti. L'attitudine a investire sul futuro ha contribuito al successo e ai progressi di una realtà estremamente eterogenea come quella dell'Italia post unitaria. La certezza di non poter vivere di rendita sugli allori del passato, visto che la principale rete infrastrutturale di riferimento era ancora quella di epoca romana, ha spinto la società italiana ad una robusta volontà costruttiva e di affermazione anche rispetto alle nazioni limitrofe, con un forte coinvolgimento iniziale dei privati, con tutte le relative conseguenze in fatto non solo di economia, ma anche di libertà e benessere.Nel contesto italiano attuale, che è ancora caratterizzato da alcune debolezze simili a quelle di 150 anni fa, fra cui la multipolarità e la questione meridionale, è ancora necessaria una determinazione di propositi ed una risolutezza nel perseguirli, per rispondere a quella crescente domanda di mobilità efficiente, fatta sia di infrastrutture moderne sia di servizi innovativi, che permetterebbe di rilanciare lo sviluppo.Se l'economia italiana fatica ad avanzare da quasi un ventennio e la convergenza fra regioni interne al paese e fra il paese e il resto d'Europa non si realizza, generando incertezza per il futuro, è sicuramente anche perché la rete di trasporto è quasi immodificata da un quarantennio.