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Show, la ricetta e' ok

, di Emanuele Elli
Rino Drogo, alumnus Bocconi alla guida del MotorShow, svela gli ingredienti del suo successo

Una grande kermesse automobilistica in Italia, anzi, in Emilia, terra di motori per definizione, sembrava un'impresa impossibile da fallire. L'almanacco recente del MotorShow di Bologna, invece, racconta una storia diversa, con edizioni annullate o per nulla riuscite, e nella quale la stessa sopravvivenza della manifestazione sembrava incerta. Almeno fino all'anno scorso, quando BolognaFiere, che detiene il marchio MotorShow, ha affidato l'eredità emozionale dell'evento motoristico alle mani di Rino Drogo, alumnus Bocconi, manager ben noto nel settore automobilistico per aver ricoperto molti ruoli di responsabilità soprattutto all'interno del gruppo FCA. L'edizione del rilancio è stata un successo, tanto da rendere lecita ogni più rosea aspettativa per quella che si sta tenendo in questi giorni (fino al 10 dicembre).
Come è riuscito a resuscitare in così breve tempo un evento che sembrava aver fatto il suo tempo?
In realtà, nonostante i momenti bui, il brand era forte. Quando mi chiedevano «perché lo rifate?», io rispondevo «perché la gente lo vuole», ed era vero. Tanto che alla fine l'anno scorso abbiamo avuto 220mila presenze. A questo proposito però devo dire che, nei panni di organizzatore di un evento, il solo dato delle presenze mi lascia freddo. A me interessa molto di più sapere se la gente si è divertita, se ha usufruito delle attrazioni, quanto tempo è rimasta. Il fatto che l'anno scorso il tempo medio di permanenza sia stato di 6,5 ore su 9 di apertura è quello che mi ha dato più soddisfazione e mi ha fatto capire di essere sulla strada giusta per rilanciare la manifestazione.
Conquistato il pubblico, restano da convincere ora le case automobilistiche a partecipare. Tante disertano anche i più grandi appuntamenti mondiali ormai. Lei come ha affrontato il problema?
I produttori sono disorientati, i saloni tradizionali non funzionano più, sono sempre più costosi. In ogni azienda è in corso un ripensamento del proprio calendario di partecipazioni. Noi offriamo loro un modello di MotorShow meno statico, nel quale ci siano più intrattenimento, più corse, più attrazioni, più sport. Oggi gli appassionati conoscono già le auto prima di vederle, le hanno guardate sui siti, configurate, spiate... noi piuttosto puntiamo a fargliele provare. L'anno scorso al MotorShow le case hanno effettuato 44 mila test drive. Qualcuno questo discorso l'ha già capito, tanto che quest'anno ci saranno: il ritorno di Ferrari, con un'intera giornata dedicata, le gare di Porsche, il giorno di Lamborghini, il raduno Harley Davidson...
Negli ultimi anni anche la formula del Parco Valentino di Torino ha riscosso grande successo. Secondo lei si può tracciare un fil rouge che unisce i due eventi e delineare quindi un modello vincente di business nell'ambito dei saloni automobilistici?
I modelli di business di MotorShow e di Parco Valentino mi sembrano decisamente differenti. A Torino puntano tutto su un evento gratuito, in un luogo pubblico dove la gente è già presente, come il Parco del Valentino, e offrendo alle case uno standard espositivo uguale per tutte. Noi giochiamo invece sullo show e offriamo alle case un pubblico di appassionati. Non c'è molta affinità e quindi nemmeno molta competizione. Anzi, se devo dire la verità a me l'evento di Torino piace, e penso che tutte le manifestazioni che tengono viva la passione per i motori siano da promuovere e sostenere.
Quest'anno anche come MotorShow avete ampliato il concetto di Fuori Salone. Quanto è fondamentale per una grande manifestazione cercare di coinvolgere il territorio?
Per noi era più che fondamentale, essendo BolognaFiere una partecipata da Comune e Regione. Sono diverse le iniziative in città, dove quattro case espongono in altrettante piazze, e andiamo anche oltre, contaminando con gli eventi anche l'autodromo di Imola.
È anche un modo per aprire a un pubblico più ampio?
Sì, ma con moderazione perché se la commistione tra interessi diversi diventa eccessiva si perde appeal proprio sul pubblico più fedele di appassionati. È un equilibrio importante da considerare anche quando, per esempio, si selezionano gli espositori, quali e quanti accettarne. Quest'anno noi per esempio abbiamo ricevuto più di 200 richieste da commercianti di abbigliamento e non so nemmeno quanti per l'offerta gastronomica. Ma abbiamo deciso di limitare a quelli consoni al tema e necessari per sfamare i visitatori. Se avessimo dovuto solo guardare l'incasso allora avremmo dovuto aprire a chi fa scommesse, poker online, videolotterie... Il segreto del successo di una manifestazione così è come quello di una buona ricetta, bisogna saper dosare gli ingredienti diversi.

Rino Drogo
Milanese, 57 anni, è General manager del MotorShow. Prima di approdare a questo
incarico nel 2016, ha percorso una carriera tutta all'interno del settore auto, iniziando dalla comunicazione strategica per un'agenzia consulente di Alfa Romeo e poi passando prima a Toyota, poi a Ford, Rover, e infine al gruppo FCA nel quale è rimasto quasi vent'anni ricoprendo, tra gli altri, i ruoli di responsabile degli eventi, dei clienti e della comunicazione per i diversi brand della casa torinese.
In Bocconi è entrato nel 1979 e si è laureato («non proprio in corso perché lavoravo
nell'azienda di famiglia») con i professori Enrico Valdani e Nando dalla Chiesa con una tesi sull'automobile.