Sconfiggere la mafia? Deve cambiare la politica
"Sono convinto che con un abile, paziente lavoro psicologico si può sottrarre alla mafia il suo potere. Ho capito una cosa, molto semplice ma forse decisiva: gran parte delle protezioni mafiose, dei privilegi mafiosi certamente pagati dai cittadini non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla mafia, facciamo dei suoi dipendenti i nostri alleati".
Con questa frase del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, data in risposta a una domanda di Giorgio Bocca il 10 agosto 1982, meno di un mese prima di venire ucciso, don Luigi Ciotti, presidente dell'Associazione Libera, ha iniziato il suo appassionato intervento nell'aula magna della Bocconi, in occasione dell'incontro "L'Associazione Libera e i rapporti con le Amministrazioni pubbliche per la lotta alle mafie e il recupero della legalità", all'interno del corso di Economia e management delle amministrazioni pubbliche. Un tema, quello delle mafie, molto sentito in Bocconi, che lo scorso 12 novembre, all'interno di Sapere a tutto campo, aveva organizzato il corso "Mercati e criminalità organizzata: una questione nazionale".
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Michele Polo, Elio Borgonovi e don Luigi Ciotti |
Introdotto da Elio Borgonovi, ordinario di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, e da Michele Polo, prorettore per l'organizzazione interna, davanti a oltre 900 studenti, don Ciotti ha parlato della storia di Libera, nata nel 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia, e di quanto fatto in questi anni e prima ancora, quando lo stesso don Ciotti ha incominciato a battersi contro questo fenomeno che devasta l'intero territorio italiano, perché "la mafia anche al nord esiste da molto tempo, a Milano da almeno 50 anni c'è presenza di varie mafie, che riciclano, investono e cercano di entrare nel sistema". Libera è oggi un' imponente rete di oltre 1.500 tra associazioni, gruppi, scuole, realtà di base impegnate in moltissime attività, che perseguono due grandi obiettivi: "Il primo è la vicinanza e il ricordo delle vittime della mafia e dei loro familiari, di quelle famose e di quelle sconosciute", spiega don Ciotti in un'aula che segue in un assordante silenzio, "il secondo è il coinvolgimento sempre maggiore delle scuole e delle università, perché la cultura dà gli strumenti per difendere se stessi e la propria dignità. Per questo abbiamo coinvolto tutte le università milanesi in un'iniziativa che consisterà in una serie di incontri sulla presenza mafiosa al nord, uno per università, che partirà l'11 marzo, alla Statale, con ospite il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e che farà tappa anche in Bocconi il 23 maggio".
Sono molte le iniziative in Italia che affrontano il tema della legalità, ma don Ciotti ha una visione differente del problema: "Tutti parlano di legalità, ma il concetto importante è quello di responsabilità", dice, "ognuno di noi deve sapersi prendere le proprie. Basta parlare di legalità se poi tutti la calpestano, parliamo piuttosto di corresponsabilità". Parola, questa, che don Ciotti scandisce, quasi a sottolinearne l'importanza, come osserva lo stesso Borgonovi. Un'altra battaglia che don Ciotti ricorda tra le sue più importanti vittorie è quella della legge sul sequestro dei beni mafiosi e il loro riutilizzo a fini sociali, "la 109/96" dice con orgoglio, "ottenuta con grande fatica in un momento difficile, quando il governo era caduto e dovetti parlare con tutti i capigruppo del senato e convincerli uno a uno, dopo che avevamo raccolto un milione di firme. Fu una fatica ma anche una grande soddisfazione riuscire a far approvare una legge pensata molti anni prima da Pio La Torre, che poi per questo fu ucciso".
Una legge importante, ma solo parzialmente utilizzata, sia per la reazione della mafia stessa, sia perché il 45% di questi beni è sotto ipoteca bancaria, con il rischio che le banche li mettano all'asta. "Dobbiamo chiedere alle banche di trovare un modo per poter utilizzare questi beni", dice don Ciotti, "perché dove l'abbiamo fatto è stato un successo straordinario, con oltre 60 realtà che cooperano nel campo agricolo, dal vino alla pasta, sotto il marchio Libera Terra. In più centinaia di giovani riuniti in cooperative, perché sono i giovani quelli che possono cambiare le cose". E a uno studente che invoca le misure forti, "quelle che ebbe il prefetto Mori", per sconfiggere definitivamente il fenomeno, don Ciotti risponde con perplessità: "L'opera della magistratura e delle forze dell'ordine è stata, è e sarà fondamentale, ma la mafia non si sconfiggerà solo così. Deve cambiare radicalmente la politica, la sua volontà di affrontare le cose. In definitiva, deve cambiare ciascuno di noi".