Scandali e doping, che prodotto difficile lo sport
Il marketing sportivo è in difficoltà. Il primo e principale problema che si trova ad affrontare riguarda la credibilità del prodotto sport, che ne compromette la vendibilità nel lungo periodo a praticanti, spettatori, investitori e media.
Calciopoli è lo stadio terminale di una serie di scandali (plusvalenze fittizie, false fideiussioni, falsi passaporti) che hanno reso sempre più evidente l'inadeguatezza del sistema calcio nel suo complesso. Il ciclismo è sconvolto da scoop su veri o presunti casi di doping. I vincitori effettivi o potenziali delle principali competizioni sono eliminati o revocati perché colti in flagrante o semplicemente sospettati di aver fatto ricorso a stimolanti proibiti. Si è arrivati addirittura all'eliminazione preventiva, vera e propria ammissione di impotenza rispetto alla possibilità di dimostrare chi è pulito e chi no. La Tv tedesca Zdf, dopo essersi ritirata in corsa dal Tour de France, ha deciso di trasmettere solo gli ultimi 15 minuti del Campionato mondiale, dal quale sono stati esclusi alcuni dei più attesi protagonisti fra polemiche e promesse di battaglie legali. Il Motomondiale è stato scosso dall'accusa di evasione fiscale a carico di Valentino Rossi, uno dei testimonial pubblicitari più ambiti del mondo. In Formula 1, la spy story McLaren-Ferrari ha minato alle fondamenta la credibilità dei protagonisti e del quadro normativo che governa questo sport, con la grottesca conclusione di una scuderia colpevole e dei suoi scudieri innocenti. La tanto celebrata America's Cup rischia di dovere rinviare la prossima edizione per una micidiale combinazione di ricorsi legali e mancanza di partecipanti.
A tutto questo, si aggiungono i problemi legati ai limiti teorici e manageriali della sponsorizzazione: i modelli e gli strumenti disponibili per valutare il ritorno sugli investimenti in sponsorship sono insufficienti. In pratica, le scelte di sponsorizzazione sono il frutto di opinioni personali dei manager. Ciò semplifica il lavoro di alcuni operatori del mercato sportivo, ma limita lo sviluppo dello sport marketing nel suo complesso. Infatti, le sponsorizzazioni significative tendono a rimanere limitate ai mega-eventi, alle discipline più note e ai team o atleti di primissimo livello, e si rivolgono saltuariamente agli eventi o agli attori secondari, non permettendo a questi ultimi di pianificare uno sviluppo basato su una certa continuità di introiti garantiti. Ne deriva una netta separazione fra pochi soggetti e discipline sportive che, in virtù della loro visibilità, non necessitano di approcci sofisticati alla sponsorizzazione e moltissimi altri che, all'estremo opposto, non hanno risorse sufficienti per proporre pacchetti di sponsorizzazione appetibili. In entrambi i casi, il risultato finale è una carenza di competenze e professionalità nel creare e proporre sponsorizzazioni di maggiore qualità. Spesso, nello sport, chi ha le risorse (interpretabili nel senso di un'audience molto ampia e fedele da vendere agli sponsor) non ha le competenze, e chi ha le competenze (o chi sviluppa proposte innovative e intelligenti per potenziali sponsor) non ha le risorse.
Questa bipartizione netta fra pochi sport "ricchi" e numerosissimi "secondari" si riflette anche nella concentrazione delle risorse investite dai media per l'acquisto e la diffusione dei diritti di trasmissione delle manifestazioni sportive. E' questo il terzo, grande problema da affrontare. In Italia, la scarsa concorrenza nel mercato televisivo, che è la maggiore fonte di ricavi per le discipline sportive, impedisce a molti sport di trovare spazio nei palinsesti e ne ostacola la possibilità di trovare linfa vitale e risorse per il proprio sviluppo. La concorrenza nel mercato dei media garantirebbe un maggiore pluralismo allo sport italiano: i buoni risultati di audience di alcuni sport minori, nei rari casi in cui hanno trovato spazio in televisione, suggeriscono che non sarebbe difficile, in un contesto competitivo, trovare emittenti interessate a investire su tali discipline.