Rimesse: paesi troppo miopi
Le rimesse degli immigrati rappresentano il flusso finanziario che negli ultimi anni ha registrato la crescita più significativa.
Diversamente da altri flussi di capitali internazionali, fin dai primi anni '90 le rimesse hanno presentato una ridotta volatilità e sono aumentate in modo costante nonostante le dinamiche congiunturali.
A livello mondiale, nel 2007, hanno raggiunto i 318 miliardi di dollari, con un incremento dell'87% negli ultimi cinque anni. Oltre il 75% delle rimesse è diretto verso i paesi in via di sviluppo e rappresenta una tra le più importanti fonti di finanziamento esterno.
Le statistiche ufficiali, sebbene forniscano un'idea dell'entità del fenomeno, tendono a sottostimarlo perché non includono le transazioni effettuate tramite canali informali o con piccoli intermediari non riconosciuti. Recenti studi del Fondo monetario internazionale quantificano che il sommerso rappresenti circa il 50% dei flussi registrati.
Il volume significativo delle rimesse monetarie degli immigrati ha generato una sorta di euforia nei confronti del fenomeno che viene spesso visto come la panacea per lo sviluppo di molti paesi.
Il sillogismo rimesse - crescita economica non è tuttavia automatico. Il nesso causale esiste ma necessita che adeguate strategie vengano implementate.
Se da un lato l'evidenza empirica di studi condotti in paesi in via di sviluppo ed economie emergenti mostra che le rimesse hanno un effetto di breve periodo nel ridurre la povertà, dall'altro non vi è consenso circa gli effetti su crescita e sviluppo economico di lungo periodo.
Le rimesse rappresentano il beneficio più immediato e diretto dei fenomeni migratori. Nel breve periodo, infatti, forniscono al paese ricevente una risposta per i vincoli di liquidità e consentono di reagire a shock inattesi.
Le rimesse vengono usate prevalentemente per fronteggiare riduzioni improvvise della produttività e del reddito; in sistemi economici poco industrializzati, aiutano a superare un raccolto agricolo scarso conseguente un periodo di siccità; permettono di ripagare i debiti contratti; aiutano a fronteggiare i bisogni primari del nucleo familiare o le spese sanitarie. Senza tralasciare la costruzione di abitazioni o l'apporto di migliorie a quelle esistenti, l'acquisto di beni di consumo durevoli o il finanziamento dei progetti migratori di altri familiari.
L'effetto positivo di breve periodo rischia tuttavia di intrappolare i paesi riceventi creando una sorta di dipendenza.
Se i paesi sono miopi possono non riuscire a sfruttare le rimesse come un'opportunità di sviluppo nel lungo periodo. Se non si attuano politiche volte a stimolare investimenti produttivi che dispieghino i loro effetti su un orizzonte temporale più ampio, si possono mettere in moto meccanismi perversi di disincentivo alla crescita in cui si dipende passivamente dai flussi finanziari provenienti dall'estero.
Due sfide appaiono cruciali per i prossimi anni: l'utilizzo produttivo delle rimesse e la riduzione dei flussi informali. L'investimento in capitale umano e attività produttive, stimolando l'imprenditoria locale, consentirà di mettere in moto un circolo virtuoso che si autoalimenterà nel tempo, trasformando le rimesse in un motore della crescita senza relegarle a mero paracadute per emergenze di breve periodo.È importante inoltre incentivare l'invio di rimesse tramite canali formali, in primis il sistema bancario.
Promuovendo l'integrazione finanziaria si può favorire lo sviluppo di un sistema creditizio efficiente anche nel paese di origine dei migranti che potrà essere una solida base per lo sviluppo economico sostenibile. L'utilizzo dei canali formali, oltre a ridurre i rischi di riciclaggio per i capitali la cui provenienza non è certa, tenderebbe ad autoalimentarsi nel tempo: il maggior utilizzo ne ridurrebbe i costi e accrescerebbe il volume delle rimesse stesse.
È inoltre necessario supportare l'accesso ai canali formali con un adeguato livello di informazione sulle opportunità di investimento finanziario, questo potrebbe stimolare ulteriormente un impiego profittevole dei risparmi.