Resta molto da fare sul fronte rosa
Ci auguriamo che il nuovo governo includa tra i suoi fronti di intervento prioritari la promozione dell'occupazione femminile.
Politiche mirate potrebbero aiutare l'Italia ad uscire dall'attuale equilibrio di bassa occupazione femminile e bassa fecondità che pone un freno alla crescita del nostro paese. Più donne al lavoro significano maggiori opportunità di crescita economica, minor spreco di capitale umano, e anche migliore qualità di vita nelle famiglie, grazie alla possibilità di ripartire i crescenti rischi familiari, occupazionali e salariali.
Una premessa è importante. Il nodo principale irrisolto per il lavoro femminile è la conciliazione tra carichi familiari e lavoro sul mercato. Dati Ocse mostrano che, per la coorte 25-44 anni, mentre nella maggior parte degli altri paesi quando i bambini crescono, i tassi di occupazione delle madri aumentano e si riavvicinano a quelli medi della coorte, in Italia nulla cambia. Avere un figlio inferiore a tre anni, tra i tre e i sei o tra i sei e i 16 non modifica il tasso di occupazione delle madri.
Nel momento di formazione della famiglia le donne, spesso anche quelle istruite, scelgono di non lavorare, o sono costrette ad abbandonare la loro occupazione. Giocano un ruolo importante la divisione dei ruoli tra uomini e donne, lo scarso coinvolgimento dei padri nella cura dei bambini e nelle attività domestiche, una cultura d'impresa ancora poco favorevole alle donne e un contesto istituzionale finora carente di misure di supporto del lavoro femminile. Da noi più che altrove la scelta di interruzione dell'attività lavorativa in relazione ad una maternità sembra irreversibile. Come correggere questa situazione?
In primo luogo si devono potenziare i servizi per la prima infanzia. Il tasso di copertura dei servizi per la prima infanzia è tra i più bassi in Europa e larga parte dell'attività di cura è svolta, per scelta ma anche per necessità, dalle reti informali sia familiari sia di baby-sitter. Il "Piano nidi" va nella giusta direzione, ma è necessario che il sostegno finanziario a questa misura sia continuativo. Più asili nido aiuterebbero le mamme a tornare al lavoro dopo la nascita dei bambini e a farlo in tempi ragionevoli. Così non pagherebbero un costo troppo elevato in termini di deprezzamento del loro capitale umano e di difficoltà a trovare un impiego. Non solo. Come sottolinea la teoria economica, i servizi (se di qualità) risultano più efficaci delle reti informali nel promuovere lo sviluppo dei bambini in età prescolare, con effetti benefici su capitale umano e crescita.
Si dovranno poi introdurre incentivi fiscali. Detrazioni per figli a carico più elevate destinate alle famiglie con doppio percettore di reddito (o all'unico percettore nel caso di famiglie monoparentali) possono essere uno strumento appropriato. La loro configurazione come imposta negativa potrebbe essere di aiuto in particolare per i redditi bassi, visto che la minor partecipazione femminile al mercato del lavoro è particolarmente concentrata tra le donne con bassi livelli di istruzione. Ovviamente affinché queste misure siano efficaci, occorre il coinvolgimento delle imprese: possiamo incentivare le donne a lavorare di più nella misura in cui le imprese sono disposte ad assumerle, altrimenti creiamo solo maggiore disoccupazione. Gli incentivi fiscali possono includere anche sgravi direttamente alle imprese che assumono donne.
Sono, infine, da rivedere i congedi parentali, in particolare introducendo ed incentivando l'utilizzo di congedi esclusivi e pienamente retribuiti per i padri, indipendenti e aggiuntivi rispetto a quelli per la madre. In Italia non sono previsti congedi di questo tipo per le imprese private. Anche se di breve durata (come in altri paesi, 2 settimane), questi congedi possono contribuire a modificare la percezione delle imprese, della famiglia e della società che il costo (o il beneficio) della fecondità sia esclusivamente femminile.
Seguendo l'esempio di altri paesi europei, effetti positivi sull'occupazione femminile possono derivare anche da altri interventi, quali il monitoraggio delle imprese nella promozione delle pari opportunità anche nelle progressioni di carriera - altro problema cruciale-, le quote rosa, il sostegno nello sviluppo dell'offerta privata di servizi alla persona. A nostro giudizio, però, il primo passo è promuovere il lavoro femminile in presenza di carichi familiari. Finché il costo della fecondità rimarrà tutto a carico delle donne, così come il lavoro di cura, gli ostacoli al lavoro femminile non saranno risolti.