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Regole migliori, ma non più numerose

, di Franco Bruni - professore ordinario di teoria e politica monetaria internazionale
Dove intervenire per garantire stabilità, apertura ed efficienza dei mercati finanziari

La crisi finanziaria internazionale ha messo in luce numerose carenze delle regolamentazioni e delle vigilanze finanziarie. Occorre affrontarle tempestivamente, mirando al cuore dei problemi. La reazione alla crisi non deve essere un disordinato aumento delle regole, che le rendano più invadenti senza migliorarne l'efficacia, che soffochino la capacità innovativa dei mercati in una rete di controlli e protezioni distorsive. L'instabilità finanziaria, in parte, è inevitabile. È il riflesso della vitalità del mercato dei capitali, che valuta e gestisce i rischi degli investimenti e dell'attività economica. Per ridurre l'instabilità le regole vanno migliorate, non necessariamente aumentate.

Sono in corso in varie sedi riflessioni, progetti, decisioni, sui provvedimenti da prendere per gestire la crisi nel modo migliore, limitarne i danni, accelerarne la conclusione, prevenire il suo ripetersi. Ci sono almeno quattro fronti dove le autorità dovrebbero muoversi con incisività garantendo, insieme alla stabilità, l'apertura e l'efficienza dei mercati finanziari.

Il primo sono proprio le norme che regolano gli intermediari e i mercati. Servono interventi sull'erogazione dei prestiti ipotecari, sulla trasformazione dei prestiti in titoli, sul modo con cui vengono effettuate e diffuse le valutazioni dei rischi impliciti negli strumenti finanziari, sulle formule con cui i requisiti minimi di capitale degli intermediari vengono commisurati ai vari tipi di rischio che essi corrono. Il tutto senza reprimere la libertà di innovare e di rischiare delle banche, dei loro clienti, dei mercati.

Il secondo fronte è l'assetto delle autorità di regolamentazione e vigilanza. Negli Usa sono troppo numerose, con responsabilità non chiaramente suddivise, scarsa collaborazione, insufficiente indipendenza dagli interessi e dalle pressioni dei politici e degli operatori finanziari che esse dovrebbero controllare. In Europa regole e autorità finanziarie sono ancora frammentate lungo i confini nazionali, l'armonizzazione e la cooperazione internazionali procedono lentamente, gli scambi di informazioni fra le vigilanze nazionali rimangono incompleti e poco tempestivi. L'assetto delle autorità deve favorire l'apertura, l'integrazione internazionale, la concorrenza dei mercati. Ciò migliora anche la loro capacità di assorbire episodi di instabilità.

Il terzo fronte è quello delle politiche di gestione della crisi. Va fronteggiata l'emergenza, assistiti gli operatori in difficoltà, "salvato il salvabile", senza però impedire che chi ha sbagliato paghi il conto dei suoi errori e impari a non ripeterli. Purtroppo sia in Europa che negli Usa si è visto denaro pubblico mobilitato per salvare singoli operatori con modalità che assomigliano a vere e proprie "nazionalizzazioni", anche nel senso che si è a volte mirato addirittura a preservare la nazionalità degli intermediari soccorsi. Cercare di uscire dalla crisi rifugiandosi nello stato banchiere e nell'aumento del protezionismo sarebbe inefficiente e coltiverebbe nuove debolezze, nuove fonti di instabilità.

Quarto: le regole contabili. Alcuni loro difetti hanno favorito e acuito la crisi finanziaria. Carenze nei criteri di consolidamento delle contabilità delle banche hanno agevolato chi voleva nascondere gli attivi più rischiosi in entità societarie separate e opache. La valorizzazione dei titoli derivati dalla cartolarizzazione dei prestiti è stata basata su modelli inadeguati e non abbastanza uniformi. L'applicazione del fair value accounting ha urtato contro situazioni in cui i mercati finanziari erano troppo poco liquidi per esprimere prezzi significativi. Sono aspetti che vanno rimessi a punto. Occorre farlo in modo non opportunistico, non per perdonare contabilmente chi ha sbagliato strategie e investimenti. La trasparenza contabile è il primo presidio della stabilità finanziaria perché permette sia agli operatori che alle autorità di valutare correttamente i rischi e quindi gestirli e controllarli meglio.