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Quella mediazione che rinsalda il legame sociale

, di Eleonora Montani - academic fellow presso il Dipartimento di studi giuridici
Nel penale è ancora poco utilizzata, ma è importante per il suo ruolo di ricomposizione del patto fiduciario che ci lega gli uni agli altri

Mai come oggi "gli uomini hanno conosciuto tante difficoltà a dialogare, tanto panico davanti alla differenza e alle diversità rappresentate dall'altro, tanta chiusura in se stessi e tanto integralismo per evitare il rapporto con l'altro". È dallo scenario descritto da Jean François Six ne Le temps des médiateurs che emerge la necessità di mediazione.

Eleonora Montani

Non è semplice individuare una definizione completa e condivisa di riparazione e di giustizia riparativa. La Risoluzione delle Nazioni Unite sui Principi base sull'uso dei programmi di giustizia riparativa (2002) chiama giustizia riparativa quel procedimento in cui "la vittima e il reo e, se appropriato, ogni altro individuo o membro della comunità lesi da un reato partecipano insieme attivamente alla risoluzione delle questioni sorte dall'illecito penale, generalmente con l'aiuto di un facilitatore". Pur interessante è la definizione di esito riparativo fornita dall'ONU e cioè un "accordo raggiunto come risultato di un procedimento di giustizia riparativa" che contempla "risposte o programmi quali la riparazione, le restituzioni, il lavoro di utilità sociale, miranti a rispondere ai bisogni individuali e collettivi e alle responsabilità delle parti e a realizzare la reintegrazione della vittima e del reo".

In questo paradigma si inserisce il processo di mediazione che diventa un'occasione di riconoscimento e d'incontro tra le persone coinvolte nel conflitto, in cui si possa tener conto delle loro dimensioni relazionali ed emotive. Il modello umanistico di mediazione tende al riconoscimento dell'altro come persona, al di là del suo ruolo (es. reo o vittima). Tale riconoscimento consentirebbe una vera e propria trasformazione del conflitto in grado di raggiungere in ambito penale gli obiettivi di riparazione del danno alle vittime, di riconciliazione delle parti, di responsabilizzazione del reo e di rafforzamento del senso di sicurezza collettivo.

Gli obiettivi della giustizia riparativa e della mediazione coinvolgono quindi sia gli attori principali del conflitto, ossia il reo e la vittima, sia la comunità. Proprio quest'ultimo aspetto merita di essere sottolineato in quanto il coinvolgimento della comunità porta con sè una responsabilizzazione della stessa nei confronti degli aspetti di politica criminale. Ancora, in caso di esito positivo, il procedimento di mediazione trasforma il conflitto in un consenso; questo passaggio dovrebbe portare a rinsaldare il legame sociale turbato dalla commissione del reato e a contenere il sentimento di insicurezza derivante dal timore della sua reiterazione.

Le ipotesi di ricorso alla mediazione nel nostro ordinamento penale possono essere ricondotte a 3 settori. Il primo è quello della giustizia penale minorile, di cui agli articoli 9, 27, 28 del d.p.r. 448/1988 (Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni). Il secondo è da rinvenirsi nella competenza penale del giudice di pace (art. 29, c. 4 del D. lgs. N.274/2000 in relazione ai reati perseguibili a querela). Da ultimo il riferimento è al settore dell'esecuzione penale dove una sponda per dare accesso ad approcci di giustizia ripartiva e a percorsi di mediazione può essere riconosciuta nel 7° comma dell'art. 47 dell'Ord.Pen. laddove si prevedono l'esecuzione di condotte riparatorie a vantaggio della vittima o della società durante l'affidamento ai servizi sociali.

Percorsi di mediazione sono ad oggi poco numerosi ed affidati all'iniziativa dei singoli, manca la cultura dell'incontro e del confronto con l'altro e la conoscenza profonda dello strumento. Tuttavia, se è vero che il sistema penale resta uno strumento necessario ad assicurare la convivenza sociale (non tutto è mediabile), non può che auspicarsi il ricorso a strumenti sempre meno afflittivi.

La mediazione lavora sulla rottura del patto fiduciario che ci lega agli altri e ha, forte, tra gli altri, l'obiettivo di recuperare la fiducia nell'altro minata dall'evento distruttivo tramite un lavoro costruttivo. Il fatto di reato rimane, ciò che si trasforma è il vissuto di coloro che ne sono parti. La riparazione in mediazione passa attraverso il riconoscimento dell'altro che avviene tramite il racconto narrato dall'altro. È un modo per lavorare sul precetto: se ho compreso il valore intrinseco della norma posso decidere di rispettarla non per costrizione ma per convinzione. In questa prospettiva, giustizia riparativa e mediazione per le loro caratteristiche peculiari appaiono un importante fattore di equilibrio tra le due forme di controllo sociale penale ed extrapenale, perché, pur inserendosi nell'ambito del processo penale, se ne distaccano basandosi su logiche affatto diverse e creando un collegamento stretto con i cd. sistemi di controllo informali extrapenali (la comunità, la famiglia, il quartiere, la scuola, l'ambiente di lavoro).