Poca intelligence nel piccolo business
Numerose imprese italiane, soprattutto le imprese quotate, le multinazionali, le imprese dei settori telco, retail e finance allargato, hanno conseguito risultati interessanti nel campo della business intelligence (Bi) e del business performance management (Bpm). Tuttavia un forte digital divide permane nei confronti delle imprese minori, per le quali gli investimenti finora necessari e l'attitudine/cultura del management o dell'imprenditore sono stati forti deterrenti nella diffusione e adozione dei sistemi di Bi e di Bpm.
In Italia diventa dunque fondamentale far emergere le best practice di strategia, di organizzazione e di progetto della Bi/Bpm, al fine di studiare e proporre i modelli migliori di Bi governance e i metodi più efficaci di valutazione dei risultati di tali sistemi in azienda.
Il progresso delle tecnologie informatiche dei sistemi di Bi e di Bpm oggi hanno aperto il dibattito sulla Bi 2.0, alludendo a un salto tecnologico che potrebbe far immaginare nuovi paradigmi come sta avvenendo per il Web 2.0, mentre sembra accettato il fatto che questi sistemipossano costituire l'infrastruttura necessaria per integrare i processi direzionali delle imprese.
Tuttavia, il fenomeno della business intelligence ha davanti a sé ben altre sfide, alcune delle quali tutte italiane. L'esperienza di Bi si è ampliata ma la capacità analitica del management è ancora mediamente bassa: sono ancora tipicamente le unità di marketing e di controllo di gestione che usano le applicazioni di Bi. L'utilizzo è dunque "mediato", i decisori utilizzano le informazioni prodotte dai collaboratori o da specialisti dell'analisi e dell'informazione, perdendo una quota di valore che deriva dall'interazione diretta con queste applicazioni. E' lecito chiedersi quanta sensitività sui problemi si perde se non è il decisore, esperto dei problemi e dei vincoli aziendali, a creare gli scenari e le ipotesi di simulazione, ma sono i suoi collaboratori o analisti.
La Bi dovrebbe poi essere un cantiere aperto, in continua evoluzione, grazie anche alle manipolazioni di dati, report e analisi che gli utenti fanno in autonomia, eppure ancora si pensa e si investe in business intelligence sempre con la logica dell'upgrade delle licenze, con approcci allo sviluppo delle applicazioni simili a quelli impiegati per i sistemi amministrativo-gestionali di tipo transazionale. Tra l'altro, le soluzioni organizzative adottate per gestire la Bi all'interno o all'esterno della funzione It sono ancora molto semplici, poco strutturate, a volte inesistenti; anche il Bi competence center di cui si è ricominciato a discutere nei tempi più recenti, sembra non diffondersi, se non in qualche grande impresa.
Alla luce delle nuove opportunità offerte dalle architetture orientate ai servizi (c.d. Soa) che sembrano promettere una maggiore libertà alle aziende di comporre il proprio portafoglio di applicazioni informatiche, ci si sta interrogando se questo sarà possibile anche per i sistemi di Bi e di Bpm, e se i driver di questo cambiamento saranno la ricerca di flessibilità o di economie di scala, oppure la forte concentrazione dell'offerta e dei vendor sul mercato che sta interessando anche la Bi e il Bpm.
Infine, alcuni trend tecnologici oggi sono sotto osservazione: la convergenza dei motori di ricerca con la Bi, per poter accedere e analizzare in modo integrato dati strutturati (per esempio, i dati quantitativi dei clienti) e non, oppure delle tecnologie di collaborazione con la Bi, per poter condividere in tempo reale con i colleghi, con i clienti o con i fornitori le informazioni prodotte dalla Bi.