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Non più spesa, ma più impatto

, di Daniel Gros
Il sostegno pubblico europeo all’innovazione non sta colmando il divario tecnologico con Stati Uniti e Cina. Per sostenere davvero la crescita servono meno consorzi e più spazio alle piccole imprese indipendenti e alle idee ad alto potenziale

Negli ultimi dieci anni, l’Unione Europea ha speso circa cento miliardi di euro per la ricerca e sviluppo tramite il programma Horizon, un pilastro delle politiche europee per l’innovazione. Tuttavia, i risultati di questa massiccia iniezione di risorse sono scarsi.

L’Europa rimane in ritardo rispetto agli Stati Uniti, e adesso anche alla Cina, in termini di spesa in ricerca, soprattutto nei settori ad alta tecnologia come software e intelligenza artificiale. 

Il problema vero è che l’ecosistema industriale europeo resta ancorato a settori “a tecnologia media” – come l’automotive – dove l’innovazione è perlopiù incrementale e la crescita potenziale limitata. Manca, invece, quella massa critica di aziende davvero ad alta intensità tecnologica che negli Stati Uniti trainano la produttività e l’innovazione.

Il programma Horizon dell’UE avrebbe dovuto favorire la nascita di nuove imprese ad alta tecnologia. Invece, più della metà dei finanziamenti Horizon è andata a grandi gruppi industriali o loro controllate, spesso coinvolti in decine se non centinaia di progetti. Queste aziende hanno mostrato performance di crescita inferiori sia a quelle dei concorrenti high-tech globali, sia alla media delle imprese europee. Altri fondi vengono dirottati verso società di consulenza e servizi, che sono utili ma raramente motori di vera innovazione.

Non aiuta anche che la maggior parte dei bandi europei impone la creazione di grandi consorzi transnazionali, con oltre venti partecipanti e obiettivi di ricerca molto dettagliati e decisi “dall’alto”. Questo modello “collaborativo” assorbe tra il 60 e l’80% dei finanziamenti, ma le imprese che vincono questi progetti non ne traggono nessun beneficio di lungo periodo.  Si vede qualche effetto positivo transitorio solo durante il progetto (tipicamente tre anni), ma poi scompare.

Non sorprende che questi programmi di ricerca molto dettagliati non conducono a idee innovative perché vengono elaborati in grandi Comitati di Programmazione composti da rappresentanti degli stati membri, per lo più funzionari senza conoscenza specifica della materia che poi finiscono di spingere gli interessi dei loro campioni nazionali.

C’è invece un segmento che funziona: i programmi rivolti a piccole e medie imprese indipendenti, come lo SME Instrument o l’EIC Accelerator. Qui si vedono effetti positivi duraturi, sia in termini di ricavi, sia nella produzione di brevetti high-tech. Vale la pena di sottolineare la qualifica indipendente perché tre quarti delle imprese che sono classificate come piccole o media (PME) per i progetti Horizon appartengono a gruppi più grandi e sono pertanto soltanto formalmente PME. Purtroppo, soltanto una minoranza dei fondi arriva davvero a queste imprese piccole ed indipendenti: il12% se si considera l’intero programma Horizon.

Per ridurre la distanza in termini di competitività verso Stati Uniti e Cina, il prossimo quadro finanziario pluriennale del bilancio europeo dovrà puntare a finanziare nuove idee, non strutture già consolidate: meno grandi consorzi, più bandi aperti e flessibili che lascino emergere la creatività e la capacità di rischio di piccole realtà indipendenti. 

In questo senso, i fondi europei possono diventare il trampolino per far nascere i “campioni” tecnologici del futuro. Anche aziende come Google o Amazon sono nate da iniziative di singoli o piccoli team, non dalle divisioni di ricerca e sviluppo dei grandi gruppi.

Non serve semplicemente spendere di più, ma spendere meglio: selezionare con cura i destinatari ed essere aperti a nuove idee invece to imporre un programma di ricerca predeterminato. Questo favorirà la nascita di nuove imprese ad alta intensità tecnologica. Il successo non si misura in base al numero di progetti finanziati, ma agli impatti reali sull’innovazione e sulla crescita.

DANIEL GROS

Bocconi University
Unassigned