Innovazione, storia e crescita: il Nobel che (ri)mette al centro la conoscenza
Il premio Nobel per l’economia 2025 è un messaggio forte e chiaro: se vuoi capire cosa spinge davvero il progresso, non puoi prescindere dalla conoscenza, dal sapere, dall’innovazione. A conquistare il riconoscimento quest’anno sono Philippe Aghion, Peter Howitt e Joel Mokyr: un teorico della crescita, un modellatore matematico e uno storico economico.
“Aghion, Howitt e Mokyr hanno studiato come e perchè la conoscenza e l’innovazione tecnologica siano i fondamenti della crescita economica”, osserva Alfonso Gambardella full professor del Dipartimento di Management e Tecnologia della Bocconi e Co direttore dello ION Management Science Lab di SDA Bocconi School of Management. In effetti, è proprio nel connubio tra le due linee d’indagine — quella teorico-modello e quella storica — che sta il valore straordinario di questo trio.
La teoria della distruzione creatrice ingegnerizzata
Il nucleo dell’apporto di Aghion e Howitt risiede nella formalizzazione della teoria schumpeteriana della distruzione creatrice “ovvero il processo continuo per cui nuove tecnologie fanno diventare obsolete quelle esistenti, spingendo le imprese a innovare o soccombere. Nella loro visione, la crescita economica è alimentata da una spirale virtuosa: la competizione sprona l’innovazione, le innovazioni battono le tecnologie precedenti, ciò induce nuova concorrenza, e così via. È un equilibrio intricato tra rischi, incentivi e opportunità. La crescita”, sintetizza Gambardella, “dipende da una spirale positiva in cui, in concorrenza, ci sono imprese che innovano superate in seguito da imprese con innovazioni migliori”.
Anche Marta Prato, Assistant Professor del Dipartimento di Economia Bocconi, insiste sul valore profondo delle ricerche dei tre studiosi: “Da una parte, le nuove tecnologie generano prodotti migliori, sistemi di produzione più efficienti e un sensibile miglioramento della qualità della vita. D’altra parte l’innovazione porta con sé anche un effetto distruttivo che può rendere obsolete le innovazioni precedenti e mettere in crisi interi settori produttivi. Questa forza distruttrice può tradursi in perdite di posti di lavoro e difficoltà per i lavoratori legati alle tecnologie del passato. Comprendere entrambe le anime dell’innovazione è cruciale per progettare politiche di crescita che incoraggino il progresso tecnologico, ma che al contempo tutelino chi ne subisce gli effetti, promuovendo una crescita inclusiva e sostenibile.”
I modelli derivanti da quest’impostazione non sono astratti esercizi matematici: essi consentono di capire come le politiche pubbliche — come la regolamentazione, la tutela della proprietà intellettuale, gli incentivi alla ricerca — possano influenzare la propensione delle imprese a innovare. Ciò risulta particolarmente rilevante in un’epoca in cui tecnologia, intelligenza artificiale e cambiamento climatico stanno imponendo sfide radicali.
La lente storica: Mokyr, ideazioni e cultura dell’innovazione
Ma i modelli, da soli, non bastano. Entra in campo allora Joel Mokyr, storico dell’economia la cui prospettiva restituisce profondità alle dinamiche teoriche. Mokyr scava le radici del cambiamento: come hanno fatto culture, tolleranza, scambi intellettuali e istituzioni a favorire l’emergere del progresso scientifico e tecnologico?
Gambardella sintetizza così il contributo di Mokyr: “ha individuato nella diversità, nella tolleranza e nel libero scambio delle idee, che maturarono nell’Europa alla vigilia della rivoluzione industriale, le cause del progresso della ricerca scientifica, della conoscenza e quindi dell’innovazione e della crescita. Un discorso estremamente attuale.” Anche per Marta Prato, “il contributo di Joel Mokyr sottolinea come la capacità innovativa di una società affondi le proprie radici nella storia, nella cultura e nelle istituzioni che valorizzano la conoscenza e la curiosità scientifica. La crescita economica, dunque, non è solo una questione di tecnologia, ma anche di contesto culturale e apertura mentale verso il cambiamento.” A ben vedere, quindi, Mokyr suggerisce che non basta investire in ricerca: serve un contesto sociale e istituzionale che permetta alle idee di circolare, cozzare, ibridarsi.
Bocconi e i nuovi Nobel: un dialogo che viene da lontano
“Si tratta di un premio meritatissimo”, commenta Guido Tabellini, economista e vice presidente della Bocconi. “Aghion e Howitt si sono concentrati sulle determinanti della capacità di innovare delle imprese, elaborando modelli teorici a cui hanno fatto seguito studi empirici. Mokyr ha osservato gli stessi temi in una prospettiva storica, studiando i fattori alla radice del progresso scientifico e tecnologico. Tutti e tre hanno saputo anticipare temi la cui importanza è oggi riconosciuta da tutti.”
C’è un rapporto personale e istituzionale che lega i tre Nobel alla Bocconi: Aghion è stato visiting professor in Bocconi, e sia Aghion che Mokyr hanno partecipato alla Conference in Honor of Guido Tabellini. Inoltre, Tabellini è coautore di Mokyr nel volume Two Paths to Prosperity, che indaga come cultura, istituzioni e organizzazione sociale abbiano condotto Europa e Cina lungo percorsi divergenti nel lungo periodo. Maristella Botticini e Mara Squicciarini (entrambe docenti del Dipartimento di Economia Bocconi) sono state allieve di Joel Mokyr, e in particolare uno studio di Mara Squicciarini (con N. Voigtländer) è addirittura citato nelle motivazioni del Premio Nobel: "In Europa, Squicciarini e Voigtländer (2015) hanno rilevato che l'Illuminismo ha ridotto i costi di accesso alla conoscenza utile e ha influenzato la crescita economica nella Francia del XVIII e XIX secolo."