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Piu' sole per un'energia alla portata di tutti

, di Arturo Lorenzoni - research fellow presso lo Iefe Bocconi
Dall'Africa all'India, dal Cile alla Cina crescono gli investimenti nel fotovoltaico ed eolico La vera scommessa e' sviluppare un modello di generazione distribuito sul territorio

L'aeroporto di Cochin, nello stato indiano del Kerala, non voleva essere uno come i tanti aeroporti presenti nel subcontinente indiano. E ci è riuscito.

Il quarto aeroporto indiano per volume di traffico passeggeri, dal mese di agosto 2015 è carbon neutral, grazie ad un impianto fotovoltaico da 12 MW (megawatt) realizzato in 6 mesi con il supporto dell'azienda tedesca Bosch. Con un investimento di quasi 10 milioni di dollari è stato connesso alla rete elettrica un impianto capace di produrre una quantità di energia elettrica superiore al fabbisogno dello scalo, azzerando il ricorso alle fonti fossili. Questa scelta di investimento va inquadrata nell'ambizioso programma di sviluppo dell'energia solare sostenuto dal governo indiano per far fronte alla crescita impetuosa della domanda. Complessivamente il governo indiano si è dato un obiettivo di crescita dai 4 GW (gigawatt) attuali (1/5 della potenza fotovoltaica installata in Italia) a 100 GW nel 2022. Un programma impressionante di investimenti, ma perfettamente razionale alla luce della necessità di portare l'energia elettrica alle centinaia di milioni di persone che ancora ne sono prive e, soprattutto, delle nuove condizioni economiche per il solare fotovoltaico, oggi decisamente competitivo rispetto alle tecnologie fossili nelle aree a elevata insolazione.
La decisione della società che gestisce l'aeroporto indiano suggerisce due considerazioni. La prima è che l'attenzione alla decarbonizzazione del sistema energetico è ormai patrimonio comune, anche in un paese che non possiamo definire ricco ed è all'inizio del processo di elettrificazione. La seconda è che si sta imponendo la preferenza di un modello di generazione distribuito rispetto a uno centralizzato, soprattutto per la possibilità di coinvolgere risorse locali (lavoro, capitali, conoscenza).
Decisioni simili si vedono con frequenza crescente anche in altri paesi, dalla Cina che macina record di potenza installata eolica e fotovoltaica, ai paesi del nord Africa, fino al Cile e al Brasile, protagonisti di investimenti importanti, pur nelle mutevoli condizioni economiche degli ultimi anni. Sole e vento non sono più prerogativa di ricchi investitori occidentali, paladini di una difesa dell'ambiente alla portata di pochi, ma catalizzatori di investimenti in tutto il mondo, ad opera di imprenditori nuovi al settore dell'energia.
Il caso di Cochin è dunque paradigmatico delle mutate condizioni per lo sviluppo dei sistemi elettrici, ove risultano più attraenti gli investimenti relativamente piccoli, distribuiti nel territorio, rispetto ai grandi impianti, prerogativa esclusiva di grandi investitori e difficili da finanziare e da far digerire alla popolazione locale. Vittime, in altre parole, di diseconomie di scala non controbilanciate, come accadeva un tempo, dai maggiori rendimenti delle mega centrali.

Con la scelta dei paesi con domanda di energia crescente progressivamente orientata verso le fonti rinnovabili di energia, l'obiettivo di contenimento delle emissioni di gas serra appare un po' più alla portata. Una speranza in più perché nella Conferenza delle Parti di Parigi a inizio dicembre si possa trovare un accordo vincolante per tutti.