Pagliuzze e travi negli occhi del Cfo
"Il Chief financial officer (Cfo) è sempre più coinvolto nella gestione degli aspetti di business dell'azienda e il suo ruolo sta assumendo un focus sempre più strategico": è questa le tesi sostenuta da un recente articolo sull'evoluzione del ruolo del Cfo pubblicato dal Financial Times (Ft, 08/09/10).
I cambiamenti che hanno caratterizzato l'ultimo decennio e le dinamiche introdotte dall'attuale crisi economico-finanziaria impongono la necessità di una riflessione sulla capacità dei sistemi di misurazione delle performance nel supportare questo maggiore orientamento strategico del Cfo. In realtà, il tema del legame tra strategia e management accounting è al centro del dibattito accademico e professionale sin dalla fine degli anni '80 e Shank, uno dei padri dello Strategic cost management (Scm) rileva come già a metà degli anni '90 le principali società di consulenza avessero sviluppato aree di competenza e progetti relativi all'implementazione dei modelli di quality costing, supply chain costing, competitor costing, target costing e life-cycle costing. Tuttavia, lo stesso autore è costretto ad ammettere come molte di queste iniziative siano rimaste allo stato embrionale anche perché la transizione a un orientamento più strategico dei sistemi di controllo non è sembrata rappresentare una priorità per i Cfo, sempre più assorbiti dalla necessità di allinearsi alla nuova normativa sui controlli interni e ai nuovi principi contabili internazionali (Shank, 2006). Tale fenomeno ha condotto le aziende a dotarsi di sistemi in grado di mettere a fuoco alcuni micro dettagli degli accadimenti economici aziendali, ma, a volte, incapaci di far emergere fenomeni più rilevanti da un punto di vista strategico. La risoluzione di questo problema è legata a doppio filo con la necessità di sciogliere alcuni nodi critici presenti nel dibattito sui sistemi di misurazione delle performance: la scarsa capacità dei modelli in uso di integrarsi con i sistemi di valutazione e gestione del rischio, nelle sue diverse manifestazioni; la limitata attitudine dei sistemi di performance management a cogliere la crescente rilevanza dei costi commerciali e a supportare scelte di allocazione delle risorse che trovano il proprio driver di riferimento sempre più nelle dimensioni di cliente e mercato più che di prodotto in senso stretto; la difficoltà dei tradizionali indicatori nel rappresentare la performance di imprese i cui asset principali sono di natura intangibile, come le people-company; la bassa attenzione (specie se confrontata con la predominante focalizzazione sulla dimensione dei costi di produzione) dei sistemi di controllo nel governare i costi generali e amministrativi (overhead), dove spesso si annidano i maggiori potenziali di ottimizzazione dei costi. Un'ultima considerazione merita, infine, il ruolo dei sistemi di performance management in contesti caratterizzati da elevata instabilità: la recente crisi economica, infatti, ha imposto a molte aziende la necessità di ridefinire le logiche di funzionamento di tali meccanismi che, alla prova dei fatti, hanno dimostrato di essere in grado di produrre analisi con un elevato grado di dettaglio (la pagliuzza) ma non hanno saputo supportare le imprese nelle decisioni di più ampio respiro (la trave), soprattutto con riferimento al governo dell'efficienza. In definitiva, proprio il recupero dei principi che sono alla base delle logiche di governo strategico dei costi possono supportare la transizione del Cfo da number cruncher, ossia da semplice produttore di informazioni quantitative, a co-pilot delle scelte strategiche d'impresa.