Contatti

Pa: perche' i conti non tornano

, di Fabrizio Pezzani - ordianrio di programmazione e controllo nelle pubbliche amministrazioni
Le cinque ragioni per cui in tema di riforme contabili l'Italia continua a sbagliare: dall'approccio giuridico alla distanza tra amministrazione centrale e periferica, dall'assetto istituzionale al patto di stabilità. Per arrivare al problema dei problemi: la riduzione della spesa corrente

Da quando nel 1995 sono stato chiamato in Bocconi a occuparmi di contabilità e controllo nelle pubbliche amministrazioni con un approccio economico-aziendale, ho visto susseguirsi la serie infinita di riforme contabili degli enti locali che hanno caratterizzato questo periodo storico, fino all'ultima recente.

Fabrizio Pezzani

Ne emerge una continua asimmetria tra l'inarrestabile prolificità normativa e la progressiva inefficacia e inefficienza dei sistemi di controllo, fino ad arrivare al disastro del sistema attuale: più si facevano e si fanno norme, più il sistema di controllo peggiora sia nella incapacità di rilevare per tempo le criticità e le distorsioni nei meccanismi di spesa, sia nell'incapacità di indirizzare l'attività delle pubbliche amministrazioni verso un impiego efficiente e responsabile della spesa. Ma perché in tema di riforme contabili continuiamo a finire in un cul de sac?Per una serie di motivi. Il primo è che l'approccio al controllo è di tipo giuridico, per cui di fronte a un problema si fa costantemente ricorso alla formulazione di una nuova norma, all'inasprimento di quelle esistenti e all'introduzione di un nuovo organo di controllo (spending review docet), ma mai che una volta ci si domandi perché quelle regole in essere non hanno funzionato; con quest'approccio culturale siamo sempre al palo. Secondo: la distanza tra amministrazioni centrali e periferiche si è ingigantita. Le prime vedono la realtà dal desktop del pc, le seconde vivono i problemi reali sul campo e la visione che ne consegue è completamente diversa. Mentre le prime formulano i dettati normativi in un contesto di astrattezza giuridica, le seconde devono sforzarsi di applicarli ossessionate dal problema del rispetto delle normative e perdono di vista l'unitarietà della gestione. Si sviluppano due culture che non si capiscono più. Forse chi fa le norme dovrebbe provare a scendere da Marte e farsi un periodo di sabbatico negli enti locali. Terzo, l'assetto istituzionale del paese è perennemente in mezzo a un guado, tra modello centrale e federale (nel 2009, il 56% dei dipendenti pubblici afferiva alle amministrazioni centrali) e i controlli sono pensati con una logica di uniformità in un paese profondamente diverso nei territori. Il modello di controllo non è coerente con il paese reale, quindi non funziona. Quarto: il patto di stabilità come è pensato oggi è un insulto alla ragioneria. Ragiona sui tetti di spesa, gli input, e non si correla ai risultati, gli output. I tetti sono pensati su singole voci a canne d'organo e impediscono la ricerca dell'ottimizzazione delle combinazioni produttive. Aumenta la rigidità quando bisogna cercare l'elasticità, mentre il controllo deve andare su aree di risultato. Quinto: bisogna ridurre la spesa corrente, che è il vero problema. Per farlo servono un orizzonte a medio-lungo termine per una programmazione efficace e delle regole stabili per il patto di stabilità per il quale, oggi, l'approvazione del preventivo per l'anno in corso può essere portata al mese di luglio. Quindi un programma per 4 mesi (escludendo agosto), con la certezza di ulteriori cambiamenti. Tutto il contrario di quello che serve. Infine, tutta l'attenzione dei controlli è sul controllo preventivo di legittimità, mentre il consuntivo non interessa a nessuno. Viene così a mancare la correlazione tra le seguenti fasi del controllo: preventivo –concomitante e consuntivo – analisi delle variazioni – azioni correttive e delle responsabilità. Ora in un quadro così confuso l'incertezza e la scarsità di competenze specifiche regnano sovrane: invece di discutere sui numeri e sulle nuove regole alimentando i conflitti e la confusione è ormai indispensabile ragionare sui principi e sulla loro reale applicabilità.E così anche noi smetteremo di scrivere sempre le stesse cose.