Oltre Milan-Inter
Il primo campionato dopo Calciopoli presenta luci e ombre. Benché si registrino un netto recupero di spettatori e ricavi, anche grazie al ritorno in Serie A di Juventus, Napoli e Genoa, e il recupero del secondo posto tra i tornei più ricchi d'Europa (superati per volume d'affari complessivo Liga spagnola e Bundesliga tedesca), il distacco rispetto all'Inghilterra resta ampio. Se,infatti nel 2000 eravamo sostanzialmente appaiati, oggi la Premier League, con un fatturato aggregato previsto in 2,5 miliardi di euro, supera di circa il 40% i ricavi della Serie A, che secondo le stime dell'Annual Report of Football Finance si fermerà a quota 1,5 miliardi di euro.
Di fronte a dati così eloquenti, spicca il deficit manageriale che pare affliggere il nostro calcio professionistico, che negli ultimi anni ha fatto mostra di continue divisioni e della mancanza di una strategia di sviluppo condivisa tra i protagonisti. Esemplari i contrasti interni alla Lega nazionale professionisti, che soffre della sua natura ibrida, un po' istituzione, un po' associazione di categoria. In questa sua veste, è una delle poche a non aver mai assunto alcuna posizione esplicita e a non aver avviato alcuna iniziativa in tema di corporate governance, proponendo ad esempio best practice di governo societario.
Concretamente, si potrebbe avviare una riflessione sull'applicazione alle società calcistiche del d.lgs. 231/2001 (quello che sancisce la responsabilità degli enti per gli illeciti commessi dai loro esponenti, al tempo stesso concedendo esimenti a quelli che si dotano di procedure e strutture organizzative atte a prevenirli). Calciopoli ha evidenziato l'insufficienza degli anticorpi che prevengono abusi e frodi, facilitate dall'equilibrio del tutto peculiare che si crea nello sport professionistico: un gioco che necessita di regole semplici e di rapida applicazione e che tuttavia, nelle sue manifestazioni di punta, muove interessi finanziari di tutto rilievo.
Da questo punto di vista, la sola responsabilità oggettiva è apparsa sotto alcuni aspetti anacronistica e iniqua (perché, si chiedono sempre più tifosi e appassionati, deve retrocedere la mia squadra, se a essere scorretto è stato il singolo dirigente?). Se questa fosse legata al meccanismo previsto in via generale dal decreto 231, che appunta l'attenzione sulla prevenzione degli illeciti (sanzionando le sole società che non si cautelano ex ante nei confronti di loro agenti, manager o sportivi disonesti), anche crisi come quella dello scorso anno potrebbero essere superate con minori traumi.
Sotto il profilo gestionale, la success story inglese si differenzia dalla nostra essenzialmente per tre fattori: la concezione e gestione degli stadi, tutti rinnovati negli anni 90; lo sfruttamento del merchandising (che sconta una scarsa tutela a casa nostra); la migliore capacità di valorizzazione dei diritti tv, ceduti collettivamente a cifre complessive ben superiori alle nostre, soprattutto sui mercati esteri (dove arrivano solo le grandi italiane e a valori che sono un quinto di quelli inglesi).
Soprattutto, il modello inglese insegna che per competere sul mercato globale è essenziale impostare una strategia ad hoc che miri a vendere il "prodotto campionato". Diversamente, potranno trovare compratori solo il derby milanese o le magliette di Roma e Juventus.