Oggi ci vuole un'indennità per la rioccupazione
La politica del lavoro costituirà un nodo particolarmente problematico per il prossimo governo, che si troverà stretto, da un lato, dal disagio per i bassi salari, la sicurezza e la precarietà e, dall'altro, dalle preoccupanti prospettive della crescita economica.
In questa situazione, il decisore politico dovrà sapersi muovere con pragmatismo e tempestività, privilegiando - almeno nella prima fase della legislatura - un'azione per punti specifici piuttosto che per grandi linee progettuali. Non sembra, infatti, né realistico né utile gravare l'agenda politica dei prossimi mesi con il peso di una nuova stagione di riforme o controriforme e con le inevitabili contrapposizioni per blocchi che ne deriverebbero.
Tuttavia, anche se non è maturo il tempo dei grandi cambiamenti, il nuovo governo dovrà dimostrare di saper rispondere nell'immediato alle gravi emergenze sociali che nel lavoro trovano il proprio epicentro e che - allo stato - si possono ricondurre a quattro principali filoni: salari, discontinuità dell'occupazione, sicurezza e nuovi lavori non protetti.
Ecco, allora, qualche idea sui primi interventi che il prossimo esecutivo potrebbe avviare nella prima fase della sua azione di governo per fare fronte a queste emergenze.
Per i salari, legare la contrattazione aziendale ad un nuovo parametro: l'incremento della "ricchezza reale" della azienda. I salari italiani sono bassi, ma ciò che maggiormente appare iniquo è che il miglioramento dello stato di salute delle imprese non faccia crescere le retribuzioni dei lavoratori. Il vecchio strumento della partecipazione agli utili non si è dimostrato adeguato a risolvere il problema, perché è noto come gli utili evaporino anche nei bilanci delle imprese più floride, e ciò in particolar modo nelle strutture più grandi e articolate. Sarebbe quindi importante individuare un nuovo parametro che rappresenti l'incremento di ricchezza reale dell'impresa, da inserire nel contratto aziendale al fine di premiare i lavoratori che abbiano contribuito a tale incremento.
Per la discontinuità occupazionale, sostituire la cassa integrazione guadagni e l'indennità di mobilità con una nuova "indennità per la rioccupazione". La cassa integrazione guadagni rappresenta, ormai, un obsoleto e costoso parcheggio nella precarietà di prospettive occupazionali, oltretutto riservato solo a una minoranza di lavoratori, che spesso si rivela come l'anticamera del licenziamento. Sotto un diverso profilo, l'indennità di mobilità ha sostanzialmente fallito il suo obiettivo di accompagnamento alla rioccupazione, perché lascia i lavoratori in totale balia del mercato. Perciò occorrerebbe, se non abolire, almeno ridurre drasticamente la portata sia della cassa integrazione che dell'indennità di mobilità, limitandone il ricorso a casi eccezionali, e utilizzare le risorse finanziarie così liberate per la creazione di una nuova indennità per la rioccupazione, fruibile da tutti i lavoratori, di qualsiasi categoria, che si impegnino in un percorso formativo diretto alla riqualificazione professionale in funzione delle esigenze dinamiche del mercato del lavoro.
Per la sicurezza l'esempio deve venire dalla p.a., vietando gli appalti al massimo ribasso. In materia di sicurezza, nonostante gli sforzi compiuti nei controlli e nella repressione degli illeciti, la situazione rimane drammatica. È necessario rivedere le regole degli appalti e la pubblica amministrazione deve dare l'esempio, tenuto conto che, nel nostro paese, è il più grande committente di lavori in appalto. Ancora oggi le gare si svolgono troppo spesso sulla base del criterio della aggiudicazione al massimo ribasso, sebbene tutti gli studi effettuati dimostrino inequivocabilmente come sia proprio in questi appalti che si riscontra le maggiore concentrazione di infortuni gravi. Passare alla generalizzazione del diverso sistema della offerta economicamente più vantaggiosa rappresenterebbe un balzo in avanti verso il rispetto della legalità e delle regole di sicurezza nell'intero mercato.
Per i nuovi lavori non regolamentati, uno specifico sistema previdenziale e fiscale. Le imprese hanno bisogno di integrare la base stabile di lavoratori subordinati con professionalità autonome, esterne alla propria organizzazione. Sempre di più si va diffondendo il fenomeno dei lavoratori autonomi non regolamentati, che intendono restare sul mercato per valorizzare le proprie competenze e che, perciò, non possono essere equiparati ai co.co.pro. È dunque necessario prevedere un apposito sistema previdenziale, la possibilità di scaricare fiscalmente i costi per la loro attività e un sostegno nella formazione professionale e nell'incontro con le imprese.