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Nucleare, ma quanto ci costi!

, di Valentina Bosetti - associato di economia ambientale ed economia dei cambiamenti climatici alla Bocconi
Senza un'accelerazione degli investimenti in ricerca & sviluppo i reattori non saranno competitivi rispetto alle centrali a carbone e gas. A danno di clima e ambiente

L'elettricità prodotta tramite nucleare è considerata come una delle risposte chiave alla necessità di ridurre le emissioni di gas serra e diversificare l'offerta energetica senza alzarne eccessivamente i costi. Negli ultimi vent'anni la crescita del nucleare è stata modesta rispetto al passato, con una media di quattro reattori all'anno connessi alla rete. Il dissenso del pubblico, come anche considerazioni economiche e politiche, hanno contribuito a questa notevole riduzione della espansione del nucleare. L'incidente di Fukushima del marzo 2011 non ha fatto che esacerbare questo fenomeno. D'altra parte però, perché il nucleare giochi un ruolo importante nel raggiungimento dell'obiettivo di non superare i 2 gradi di aumento della temperatura, sancito con l'accordo di Copenaghen, almeno 25 larghi reattori dovrebbero essere allacciati alla rete ogni anno a partire da oggi e per i prossimi 40 anni.

Valentina Bosetti

Una potenziale risposta a questa contraddizione potrebbe risiedere nella innovazione tecnologica: nuove tecnologie nucleari che offrano costi ridotti e miglioramenti nella sicurezza, che siano meno suscettibili a rischi di proliferazione nucleare, che utilizzino l'uranio in modo più efficiente e comportino una riduzione delle scorie nucleari. Diventa quindi di cruciale importanza domandarsi quale sia il ruolo di politiche pubbliche per promuovere tale innovazione. In un recente studio, Laura Anadon, Valentina Bosetti e altri (Expert Judgments about RD&D and the Future of Nuclear Energy, Environmental, Science & Technology, 2012) hanno raccolto le opinioni di oltre sessanta esperti, americani ed europei, sull'evoluzione del costo capitale di tre classi di reattori nucleari: reattori di terza generazione, simili a quelli sul mercato oggi, reattori di prossima generazione (quarta generazione) e piccoli reattori modulari (SMRs). La raccolta delle opinioni degli esperti tramite questionari strutturati online, interviste e workshop, è avvenuta prima e dopo l'incidente di Fukushima; questo ha reso possibile controllare eventuali distorsioni generate dalle reazioni all'evento. Quello che emerge da questo studio è che se la spesa in ricerca e sviluppo per nuovi reattori rimanesse la stessa di oggi, i reattori di terza generazione fra vent'anni costerebbero almeno quanto costano oggi. Anche se questo può destare stupore, poiché in genere il prezzo delle tecnologie scende nel tempo, i costi di investimento degli impianti nucleari sono in effetti cresciuti negli ultimi anni in Francia e negli Stati Uniti. Questo è in gran parte dovuto all'evoluzione degli standard di sicurezza e delle politiche pubbliche e gli esperti si aspettano che questa tendenza continui. Un messaggio sui costi analogo, e addirittura rinforzato, emerge anche per i reattori di nuova generazione e per i piccoli reattori modulari. Gli esperti, che provengono dal settore privato, ma anche dal mondo accademico e da quello delle istituzioni, concordano però sulla necessità di un'accelerazione negli investimenti in ricerca e sviluppo che, anche se si tradurrebbe solo in minima parte in una riduzione dei costi, avrebbe importanti ricadute su altri aspetti quali la sicurezza e la gestione delle scorie. In generale lo studio solleva seri dubbi sulla realizzazione di scenari di espansione del nucleare quali quelli descritti in diversi studi di settore, nei quali lo sfruttamento dell'atomo ha un importante ruolo nella mitigazione del cambiamento climatico e nella risposta a problemi di sicurezza e di accesso all'energia. Infatti, se le proiezioni dei costi degli esperti si riveleranno corrette, nei prossimi venti anni le centrali nucleari difficilmente saranno competitive con quelle a carbone o a gas, a meno di politiche climatiche aggressive che impongano un prezzo del carbone sostanzialmente più elevato di quello che vediamo oggi sul mercato europeo.