Non e' big, pero' il pharma italiano vede rosa
Il settore farmaceutico sta attraversando una fase di profonda trasformazione a livello mondiale: nel giro di cinque anni scadranno i brevetti di farmaci che pesano per 137 miliardi di dollari di fatturato annuo (il 19% di quello totale) e l'incidenza sul fatturato dei farmaci non coperti da brevetto raddoppierà, passando dall'attuale 40% all'80%. Gli investimenti in ricerca per sviluppare farmaci innovativi crescono e, nel contempo, i governi contengono la spesa pubblica, ivi compresa quella farmaceutica.
Sembrano dunque prospettarsi anni difficili per le imprese del settore. Ma come si collocano le imprese farmaceutiche italiane in tale contesto? Alcuni segnali non sono incoraggianti: la redditività del capitale investito è calata, raggiungendo il livello più basso rispetto a paesi come Spagna, Francia e Regno Unito; nel 2009 il saldo fra export e import di medicinali è stato negativo (-566 milioni nei primi dieci mesi dell'anno) per la prima volta dopo 15 anni. Ma un'analisi più attenta sia delle dinamiche in atto nel settore a livello internazionale, sia della natura delle nostre imprese conduce a una valutazione diversa. Le grandi multinazionali stanno ripensando il proprio modello organizzativo della ricerca verso la flessibilità, la specializzazione in poche aree terapeutiche, il networking con università, centri di ricerca e piccole aziende; stanno razionalizzando le strutture produttive e commerciali per contenere i costi; stanno preparandosi a competere facendo leva anche sul servizio. Ebbene, tali dinamiche evolutive inducono a ritenere che la taglia dimensionale più piccola, tipica delle imprese italiane (la più grande farmaceutica italiana ha un fatturato consolidato di 2,5 miliardi contro i 20-30 delle big pharma), sia meno penalizzante rispetto al passato o, addirittura, possa rappresentare un punto di forza. Si stima che un fatturato intorno ai 2 miliardi, alla portata di almeno quattro-cinque imprese a capitale italiano, costituisca la massa critica necessaria a investire in ricerca e sviluppo risorse sufficienti per esercitare un ruolo da protagonisti a livello mondiale in un'area terapeutica importante, dove competono anche le big pharma. Le imprese medio-piccole potranno concentrarsi su nicchie terapeutiche oppure operare in conto terzi o in una logica di collaborazione produttiva o di ricerca con imprese di grandi dimensioni. Ma per conseguire tali risultati devono verificarsi alcune condizioni, relative in parte alle scelte strategiche delle imprese, in parte al contesto giuridico e istituzionale. Sotto il primo profilo, le imprese italiane sono chiamate a crescere, a internazionalizzarsi, a investire risorse importanti in ricerca e sviluppo. Un numero significativo di imprese ha dimostrato di volerlo e di saperlo fare (le più importanti imprese a capitale italiano realizzano all'estero oltre il 50% del proprio fatturato consolidato e hanno effettuato una trentina di acquisizioni di imprese estere in dieci anni), ma anche di poterlo fare, dal momento che la loro posizione finanziaria netta non superava, nel 2007, il 15% del patrimonio netto. Sotto il secondo profilo, è necessario un contesto giuridico-istituzionale che sia consapevole del potenziale di crescita delle nostre imprese e le supporti: evitando provvedimenti penalizzanti che accentuino il già elevato livello di rischio insito nel settore; adottando iniziative a sostegno dell'innovazione nel settore (come il bonus fiscale per gli investimenti in ricerca e innovazione) di entità apprezzabile; coordinando gli interventi attuati dalle diverse istituzioni. Dati recenti mostrano che l'Italia è indietro circa gli incentivi fiscali alla ricerca e sviluppo: facendo 100 la media degli incentivi da parte dei cinque maggiori paesi dell'Unione europea, la Francia offre incentivi per 210 e l'Italia soltanto per 58. Colmare questo gap è importante anche per trattenere e attrarre investimenti dalle multinazionali farmaceutiche in Italia, che molto hanno contribuito alle nostre esportazioni e allo sviluppo della ricerca nelle unità di eccellenza del paese.