Contatti

Noi, sempre popolo di pezzenti

, di Paolo Epifani - professore associato di economia politica presso il Dipartimento di economia della Bocconi
Trattati come 50 anni fa da una pubblica amministrazione che divora anche i benefici della globalizzazione

Anche chi è visceralmente ostile alla globalizzazione è disposto a concedere, se non altro, che questa aumenta l'efficienza. Eppure non è così: la globalizzazione è un potente stimolo all'inefficienza, secondo quanto emerge dalla recente letteratura sul tema.

Procediamo con ordine. Nei nostri corsi insegniamo l'esatto contrario, e cioè che la globalizzazione aumenta l'efficienza perché favorisce una migliore allocazione delle risorse tra le imprese e i settori, perché consente un migliore sfruttamento delle economie di scala, o perché riduce il potere di mercato delle imprese e le distorsioni che ne derivano. Tutto ciò è vero, ma riguarda solo il settore privato dell'economia (o meglio una parte di esso, il manifatturiero). C'è invece motivo di ritenere che la globalizzazione abbia effetti devastanti sull'efficienza del settore pubblico. La ragione è semplice: in economia chiusa, le risorse che il settore pubblico sottrae al settore privato si traducono, uno a uno, in una riduzione del consumo di beni prodotti dal settore privato. In economia aperta, al contrario, la contrazione del settore privato causa una riduzione delle esportazioni e un aumento del loro prezzo (per le ovvie leggi della domanda e dell'offerta). Ciò implica, sorprendentemente, che man mano che un paese si apre al commercio con il resto del mondo, il costo dell'espansione inefficiente del settore pubblico sia trasferito in misura crescente sui consumatori esteri.

Queste considerazioni non sono di interesse puramente accademico. I dati mostrano, con forza, che i paesi che si sono aperti di più hanno sperimentato una maggiore espansione del settore pubblico. Al contempo, non è forse un caso che si faccia tanta fatica a trovare evidenza convincente che una maggiore apertura commerciale stimoli la crescita economica.

L'esperienza del nostro paese è illuminante al riguardo. Negli ultimi decenni è aumentata stabilmente l'integrazione dell'Italia nell'economia mondiale. Nello stesso periodo è aumentato anche, inesorabilmente, il peso del settore pubblico nell'economia. A fronte di ciò non vi è stato tuttavia un adeguato aumento della qualità dei servizi pubblici. Come cinquant'anni fa, l'offerta di servizi pubblici è ancora concepita per un popolo di pezzenti. Dico questo perché un popolo di pezzenti non pretende che i mezzi pubblici portino comodamente e puntualmente a destinazione: chiede solo di poterci arrivare, in qualche modo, a destinazione. Un popolo di pezzenti non pretende che il servizio pubblico radiotelevisivo (enorme, costosissimo e inefficientissimo) li informi: chiede solo che gli racconti qualcosa, possibilmente sul sangue della povera Meredith. Un popolo di pezzenti non pretende una giustizia giusta, rapida ed efficiente, perché i pezzenti non chiedono giustizia, ma solo di poter tirare avanti. Mi fermo qui perché spero di aver chiarito il punto: nello stesso periodo in cui il settore privato migliorava la propria efficienza per sopravvivere alla crescente concorrenza internazionale, il settore pubblico diventava sempre più grande, costoso e inefficiente, polverizzando in qualche modo i benèfici effetti della globalizzazione sul settore privato.

Per concludere: è inutile sperare che la globalizzazione aiuti questo nostro sistema di potere a rinsavire. Il triste spettacolo di governi sempre più voraci che immiseriscono i contribuenti per restituire briciole, piuttosto che servizi adeguati alle esigenze di una società complessa e opulenta, è destinato a durare, chissà ancora per quanto.