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Modello Luxottica per tutta l'industria

, di Francesco Perrini - professore di Economics and business managament, codirettore dell'eSG Lab di SDA Bocconi
L'idea dei progetti collaborativi prende piede nei contratti collettivi e aziendali

A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, due notizie pubblicate nei mesi scorsi fanno ben sperare per ciò che riguarda l'evoluzione delle relazioni industriali e, più in generale, le prospettive di ripresa nel nostro Paese, nonostante la conflittualità diffusa che leggiamo sui mezzi di informazione tutti i giorni. La prima riguarda l'avvio, lo scorso ottobre, del tavolo delle parti sociali, promosso da Confindustria, su crescita, occupazione e investimenti, cui hanno partecipato una ventina di organizzazioni imprenditoriali e sindacali. Il tavolo ha al centro il tema della produttività come chiave di volta per affrontare la questione della competitività del sistema nazionale. La seconda è che il modello Luxottica di welfare aziendale si rafforza e si espande. Gli incentivi non monetari previsti dall'accordo con i sindacati dell'inizio del 2009 ricomprendono ora beni alimentari, tagliandi per l'acquisto dei libri di testo per i figli, un pacchetto di assistenza sanitaria per il nucleo familiare e a breve si estenderanno anche alle borse di studio. Questo approccio ha trovato, poi, specifiche declinazioni in alcuni contratti collettivi di lavoro e in accordi aziendali nel corso del 2009 e del 2010.

Si tratta di segnali positivi importanti. Si comincia a capire che la logica della contrapposizione capitale-lavoro, ormai, è priva di senso. È la stessa competizione internazionale che impone di mettere a punto progetti collaborativi, perché la concorrenza non è più tra singole imprese, ma tra sistemi territoriali. Solo attraverso forme ampie di cosiddetta collaborative governance si possono individuare le soluzioni più appropriate per produrre innovazione, superare la crisi e garantire sviluppo. È un passaggio ulteriore e più profondo rispetto alla prassi della concertazione degli anni Novanta. Bisogna realizzare le condizioni per riacquistare una competitività perduta in oltre un decennio di scarsa crescita e costruire assieme modelli sostenibili di sviluppo in grado di beneficiare imprese, lavoratori e comunità. L'Italia potrà recuperare posizioni nel confronto internazionale e coniugare obiettivi di ordine economico e di giustizia sociale, mobilitando tutte le risorse e le forze migliori, incluse quelle della politica. Gli esempi citati all'inizio nascono dalla convinzione che i processi di creazione del valore, attivati e favoriti dalla collaborazione tra imprese, società civile e soggetti pubblici, possono solo essere condivisi, diffusi e perciò sostenibili. Essi trovano riscontro nei più avanzati contributi nell'ambito degli studi manageriali (a questo proposito, da segnalare due notevoli recenti lavori di esempio per tutti: Drayton B., Budinich V., A New Alliance for Global Change, Harvard Business Review, settembre 2010, pp. 56-64; Tencati A., Zsolnai L. (Eds.), The Collaborative Enterprise: Creating Values for a Sustainable World, 2010, Peter Lang AG - International Academic Publishers, Oxford-Bern). L'Italia non si può più permettere logiche conflittuali. È tempo di promuovere uno sforzo collettivo, che abbia come traguardo il bene comune.