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Missione doc, nome in codice Ncp

, di Patrizio Armeni - contracted research fellow del Cergas Bocconi, il Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale
Uno studio del Cergas Bocconi e della Regione Emilia Romagna sull'attività dei Nuclei di cure primarie dimostra che la collaborazione tra medici di base ha un impatto positivo sull'assistenza sanitaria

La collaborazione tra medici di base porta buoni frutti. Lo dimostra una ricerca condotta sui 3.200 medici dell'Emilia Romagna da Francesco Longo, Amelia Compagni e Patrizio Armeni (Cergas Bocconi) insieme ad Antonio Brambilla e Andrea Donatini (Servizio assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari, Regione Emilia Romagna), in seno all'osservatorio regionale costituito per monitorare il sistema delle cure primarie.

Da diversi anni i medici di base italiani sono incentivati a formare delle aggregazioni volontarie tra pari (associazioni, medicine in rete, medicine di gruppo). Tuttavia, l'incentivo a lavorare insieme funziona solo se trova terreno fertile, come già emerso in studi precedenti. Di conseguenza, i medici bravi e motivati, che già considerano la collaborazione come un'opportunità, si riuniscono in aggregazioni spontanee mentre gli altri rimangono ai margini. L'idea di promuovere la collaborazione attecchisce, così, solo su quanti sarebbero già stati d'accordo a priori (di quanti si motivano per il solo denaro neanche è il caso di parlare, essendo per essi l'incentivo come la pioggia nel deserto: dà frutti effimeri e il terreno chiede subito altra acqua). Una soluzione per promuovere la collaborazione in modo sistemico è stata sperimentata in Emilia Romagna. La regione ha diviso i 3.200 medici in 216 aggregazioni obbligatorie, chiamate Nuclei di cure primarie (Ncp), scegliendo l'appartenenza secondo un criterio geografico. Mischiando così le carte e creando interdipendenza nella performance (assegnazione di obiettivi a livello di Ncp), è da attendersi che in ogni Ncp ci siano dei medici più motivati coinvolgano gli altri, da cui dipende la loro stessa performance, non lasciando troppo indietro nessuno. La regione, tuttavia, si è limitata a dividere i medici in nuclei, e ha lasciato l'effettiva strutturazione delle forme di collaborazione e dei servizi da offrire ai pazienti alla libera iniziativa dei medici. Quindi, se nessuno coglie le opportunità fornite dallo stare insieme, il Ncp rimane solo un elenco di medici su un foglio; se i medici, invece, attivano queste opportunità, il nucleo può diventare un punto di riferimento per il paziente per l'insieme dei bisogni che non richiedono ricoveri ospedalieri o prestazioni ad alto contenuto specialistico. Come si collabora veramente? Facendo circolare l'informazione tra il personale, offrendo servizi di cura integrati per le patologie croniche (come il diabete), coinvolgendo in modo strutturato gli infermieri e gli specialisti nell'attività di assistenza, estendendo gli orari di apertura, offrendo servizi di prenotazione visite, punti prelievo, distribuzione di farmaci. La ricerca ha misurato il livello di attivazione di tutti i 216 Ncp e lo ha posto in relazione con alcuni indicatori di performance dei singoli medici. Dall'analisi è emerso che nei Ncp più attivati i comportamenti dei medici tendono a uniformarsi (controllo sociale). Inoltre, i pazienti di un Ncp più attivato vanno al pronto soccorso solo per casi gravi (23% di accessi con codice bianco in meno, che è un indicatore di qualità percepita), i pazienti diabetici sono più frequentemente gestiti in modo integrato con gli specialisti (+10% dei pazienti in gestione integrata, possibile indicatore di efficacia). Anche le prescrizioni di test e farmaci sono influenzate dall'attivazione del Ncp, e in particolare, dal livello di interazione tra professionisti. Se questi interagiscono spesso e alle riunioni partecipano anche infermieri e specialisti, le prescrizioni inutili di farmaci e test si riducono, migliorando efficacia ed efficienza delle cure. In sintesi: la soluzione dell'Emilia Romagna incentiva realmente la collaborazione, non lasciando elementi fuori dal sistema e fornendo una piattaforma di opportunità che, laddove attivata, permette di curare meglio e con minor spreco di risorse.