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L'uguaglianza fa grande la famiglia

, di Arnstein Aassve, Agnese Vitali e Trude Lappegard - rispettivamente, deputy director del Centro Dondena Bocconi; associate del Centro Dondena; ricercatrice Statistics Norway, Oslo
Più uomini e donne godono degli stessi diritti e doveri al lavoro e in casa, più la coppia è feconda. A dimostrarlo il caso della Norvegia dove si misura l'indice di equità di genere

L'uguaglianza di genere fa aumentare la fecondità? Nei paesi Ocse, questa idea sta acquistando popolarità. Le donne oggi raggiungono un grado di istruzione pari, se non superiore, a quello degli uomini e le loro aspirazioni familiari sono spesso legate a un nuovo e sempre più importante fattore: una brillante carriera lavorativa. Nonostante l'aumento dell'istruzione femminile in quasi tutti i paesi Ocse, la partecipazione femminile al mercato del lavoro rimane bassa.

Spesso la causa di questa discrepanza è da ricercare nella mancanza di uguaglianza di genere. Sebbene siano ormai molte le coppie in cui l'uomo e la donna percepiscono entrambi reddito da lavoro, c'è ancora molta strada da fare per raggiungere una equa distribuzione all'interno della coppia delle responsabilità di cura della casa. Infatti, laddove non ci sono istituzioni appropriate, le donne rappresentano ancora la maggiore figura di riferimento per il lavoro di cura della casa e dei figli. Eppure in alcuni paesi il modello basato sull'uguaglianza di genere è diventato la norma e questi stessi paesi registrano anche un elevato tasso di fecondità. La Norvegia ne rappresenta un perfetto esempio. Il tasso di fecondità totale norvegese è leggermente al di sotto alla soglia di sostituzione di 2,1 figli per donna (1,96 nel 2008, contro 1,4 registrato in Italia) e l'uguaglianza di genere risulta anch'essa elevata. Il concetto di uguaglianza di genere è talmente radicato nella cultura norvegese che nel 1999 l'ufficio nazionale di statistica ha cominciato a misurarlo attraverso un "indice di equità di genere", con il fine di stilare una classifica dei comuni più egualitari. L'indice di equità di genere comprende sei diversi aspetti propri dell'uguaglianza di genere: differenze di genere nell'istruzione superiore, nella partecipazione al mercato del lavoro, nel reddito medio lordo e nell'influenza politica (misurata come proporzione di donne nelle amministrazioni comunali), oltre che il rapporto dei sessi per età e l'offerta di servizi per l'infanzia (proporzione di bambini negli asili tra gli uno e i cinque anni). Si è soliti pensare che la Norvegia e gli altri paesi scandinavi rappresentino una popolazione omogenea sia in termini di comportamenti riproduttivi, sia per quanto riguarda atteggiamenti e valori. Sbagliato. Adottando una prospettiva territoriale, infatti, emerge una grande eterogeneità. Mentre in alcuni comuni il tasso di fecondità totale è al di sopra dei 3 figli per donna, in altri è addirittura al di sotto del cosiddetto livello di bassissima fecondità, pari a 1,3 figli per donna. Una simile variabilità tra i comuni emerge anche guardando all'indice di uguaglianza di genere. I dati norvegesi rappresentano quindi un utile strumento per valutare fino a che punto l'uguaglianza di genere porti a una maggiore fecondità.Una volta disaggregate le sei componenti dell'indice di equità di genere, l'analisi suggerisce che l'offerta di servizi per l'infanzia rappresenta il motore più importante per la fecondità. Se pensiamo che questa associazione esista anche in altri paesi oltre che in Norvegia, allora aumentare l'uguaglianza di genere attraverso un aumento dell'offerta di servizi per l'infanzia potrebbe portare ad un aumento della fecondità.