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Localismo addio

, di Salvatore Vicari - ordinario di economia e gestione delle imprese alla Bocconi
Imprese, la sfida della competizione. Chi prospera in un mondo senza più confini

Vi sono molte spiegazioni sui motivi della evoluzione dei mercati da una dimensione locale verso quella globale. Da quella che vede nella crescente omogeneizzazione della società la tendenza verso strutture simili, a quella che sottolinea come la varietà di consumatori, di strutture, di prodotti, non si fondi più su separazioni spaziali, grazie all'annullamento delle distanze che le reti di comunicazione consentono. In questo modo la diversità tra clienti, imprese, prodotti, tecnologie, strutture, diviene fonte propulsiva della globalizzazione e su di essa si basano le nuove modalità competitive.

Caratteristica della globalizzazione è l'interdipendenza tra mercati geografici,vale a dire che quanto accade nei singoli comparti ha ripercussioni su tutti gli altri: le conseguenze di ogni scelta non sono più confinati a un solo mercato geografico, ma hanno effetti su più settori, tra loro collegati dall'agire dei meccanismi competitivi.

La globalizzazione, come ogni grande cambiamento, pone nuovi problemi alle imprese, che possono essere visti come un'opportunità di crescita o come una minaccia alla sopravvivenza.

È certamente vero che nei grandi cambiamenti alcune imprese riescono a prosperare, utilizzando le nuove opportunità come leva per la propria crescita. Le opportunità sono date dall'apertura di grandi mercati per le produzioni delle imprese europee, che possono concentrare la loro attività su quei prodotti che da sempre costituiscono il meglio della propria capacità industriale.

Le aziende che affrontano meglio le sfide della globalizzazione sono quelle che hanno sviluppato forti capacità competitive in mercati dove l'intensità della concorrenza ha consentito di affinare le strategie e le strutture. I settori dove le aziende italiane sono riuscite a conquistare quote crescenti della domanda mondiale, sono quelli ove più intensa era la concorrenza nel mercato interno.

Queste imprese hanno in ogni caso la necessità di poter disporre, nel paese di origine, di una qualità delle risorse e dei servizi coerente con le necessità poste dal mercato globale. Ciò implica che anche i servizi, finanziari, di trasporto, legati all'energia, di formazione e consulenza, che pure non subiscono direttamente una intensa concorrenza internazionale, tuttavia debbano essere aperti alla concorrenza interna, in modo da sviluppare un'offerta qualitativamente adeguata alle necessità del mondo produttivo, con costi comparabili a quelli degli altri paesi.

Vi è anche un'altra faccia della medaglia: la minaccia costituita dalla possibilità che imprese di altri paesi, utilizzando un costo dei fattori decisamente inferiore, possano entrare nel mercato europeo e soprattutto possano sottrarre quote nei mercati mondiali. La paura della globalizzazione è, per questa via, legata al timore che la perdita di competitività dell'industria italiana ed europea in generale possa portare a una situazione più difficile per le nostre imprese, alla perdita di posti di lavoro e in definitiva a un impoverimento della nostra società.

In effetti alcune imprese, in questo quadro, non sono in grado da sole di affrontare le necessità richieste dal mercato globale, senza opportuni e talvolta drastici cambiamenti nelle proprie strutture e strategie. Per queste, si pone la questione di come preservare comunque le risorse di maggior pregio accumulate nel tempo e che potrebbero, con opportuni interventi, essere di nuovo valorizzate. A questo fine è importante che anche la proprietà delle imprese sia "sul mercato", in modo da consentire, oltre che risorse finanziarie adeguate alle necessità poste da mercati di dimensione mondiale, anche quel ricambio che talvolta è indispensabile per competere in nuovi scenari.

Solo chi sa accettare fino in fondo le sfide della competizione, può davvero prosperare in un mondo senza confini.