L'Italia del trasporto naviga a vista
La crescita economica praticamente nulla dell'ultimo decennio, la riduzione di oltre il 25% della produzione industriale fra il 2007 e il 2012 e l'impennata del costo del petrolio (+20% fra l'agosto del 2011 e lo stesso periodo del 2012) hanno cambiato radicalmente i flussi di trasporti in Italia, con una contrazione generale e un indebolimento della posizione competitiva su scala internazionale. Nel settore autostradale, per esempio, i flussi dei veicoli pesanti del primo semestre del 2012 sono stati equivalenti a quelli del medesimo periodo del 2001, con una contrazione del 14% rispetto ai picchi del 2007. Mentre nel segmento di traffico portuale più dinamico su scala mondiale, quello relativo ai container, nel periodo fra il 2007 e il 2011, i tre principali hub del Sud Italia hanno visto scendere i volumi da 4,76 a 3,52 milioni di TEU (-26%).
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Oliviero Baccelli |
Nel medio periodo le prospettive nel settore merci sono molto diversificate fra aree e singoli nodi in quanto l'unico elemento positivo nel contesto economico sopra descritto deriva dallo sviluppo degli interscambi commerciali, che hanno superato i livelli pre-crisi del 2008 sia per i flussi verso l'Europa sia verso le principali aree del Mediterraneo (Turchia, Israele, Marocco). Tenendo conto che il 95% dell'export e il 75% dell'import è costituito da prodotti del settore manifatturiero in cui pochi punti di margine di impresa possono fare la differenza fra essere competitivi o essere fuori mercato, risulta fondamentale poter disporre di un sistema efficiente di infrastrutture, normative, regolamenti e modelli organizzativi nel settore dei trasporti e della logistica. In realtà, le statistiche internazionali, in particolare quelle relative al Logistics performance index della Banca Mondiale, vedono l'Italia in una posizione (ventiquattresima) molto distante rispetto ai paesi confinanti e principali partner/concorrenti commerciali, evidenziando un ritardo rispetto a tutte le variabili prese in considerazione (infrastrutture, sistema dei controlli doganali, affidabilità delle spedizioni internazionali, etc). Inoltre, solo tre imprese con capitale italiano figurano fra le prime dieci per fatturato nel settore in Italia, sottolineando come siano le multinazionali, spesso di origine tedesca o svizzera, ad aver colto le occasioni di business proposte da queste attività, sempre più basate su modelli organizzativi con certificazioni di qualità e approccio intermodali. I dati di traffico, le analisi di benchmark e le classifiche delle imprese forniscono un'indicazione concorde sul fatto che il sistema dei trasporti nazionale abbia ampi margini di miglioramento nella capacità di fornire supporto all'internazionalizzazione del paese. L'Unione europea fornisce un valido supporto in questo processo, avendo dato priorità a ben quattro corridoi infrastrutturali che coinvolgono l'Italia sui dieci complessivi nell'Europa a 27, di cui tre Nord-Sud (Genova-Rotterdam, Asse del Brennero, corridoio Adriatico-Baltico) e uno Est-Ovest (Lione-Torino-Venezia). La strategia europea, che rientra in un quadro ampio di politiche per il riequilibrio territoriale, il supporto al trasferimento modale verso mezzi di trasporto meno inquinanti e la riduzione dei costi complessivi di trasporto e logistica per le imprese, è di lungo periodo. Per l'Italia è cruciale che queste politiche siano considerate fondamentali già nel breve periodo.