Le vie dello shopping non hanno mai parlato italiano
È il 1877. I fratelli Luigi e Ferdinando Bocconi aprono a Milano i grandi magazzini "Aux ville d'Italie" ispirati al prototipo francese. Al loro interno, tutto è all'insegna della modernità. L'ampiezza dell'assortimento merceologico, le dimensioni delle superfici di vendita, la suddivisione in reparti, i prezzi esposti, le vetrine allestite per catturare lo sguardo dei passanti più frettolosi, le occasioni di intrattenimento della clientela (la sala da tè, le sfilate, le rappresentazioni teatrali) segnano una netta cesura con il negozio di stampo tradizionale.
Eppure, il grande magazzino non fa breccia nelle abitudini di spesa del consumatore italiano che per decenni continuerà a preferirgli il negozio al dettaglio. Pochi dati bastano per documentare il fenomeno. All'inizio degli anni Sessanta (quando scoccava il centenario dell'Unità) in Italia esistevano 10 grandi magazzini, in Francia 83, in Germania 230 e 277 nel Regno Unito. Nel 1980 i divari erano ancora lontani dall'essere colmati. In Germania i grandi magazzini, in competizione con i formati distributivi moderni, si accaparravano una quota del mercato pari al 7,8%, in Italia invece sottraevano al commercio tradizionale una quota di mercato pari allo 0,4%.1955. Boogart, un manager della americana Ibec, arriva in Italia con il mandato di introdurre il self service nella distribuzione alimentare. La corrispondenza intrattenuta con la casa madre fornisce la fotografia di un paese, anzi, di una delle sue aree più avanzate (o meno arretrate), che ancora esita a imboccare la strada della modernizzazione. "A Milano non conosco famiglie che abbiano due auto, se non la mia e quella di uno dei nostri partners [...] Non possiamo sopravvivere acquistando da questi avidi produttori [...] Questo è un paese in cui anche un americano può confondersi. Abbiamo aspettato e lavorato per ottenere dal Comune la licenza di vendita. È stata approvata e da allora tutti sembrano essere scomparsi, ma l'amiamo" al punto da riuscire a fondare, insieme a Crespi e Caprotti, il nucleo originario della futura Esselunga. Grande magazzino e supermercato evidenziano che la storia del sistema distributivo italiano è avanzata su due binari paralleli. Da una parte il commercio al dettaglio, polverizzato in una miriade di imprese individuali proliferate per assorbire la disoccupazione generata dagli altri settori. Dall'altra, una manciata di pionieristiche iniziative imprenditoriali costrette a muoversi all'interno di un contesto legislativo, economico e sociale avverso. Nel corso degli ultimi decenni molta strada è stata percorsa nella direzione della razionalizzazione del sistema distributivo italiano e della sua apertura a nuovi formati.L'Italia ha attratto imprese straniere, ma le imprese commerciali italiane faticano a varcare i confini nazionali. Il made in Italy distributivo è ancora alla ricerca di un modello di impresa con cui identificarsi. La ricorrenza del 150° anniversario dell'unificazione può essere l'occasione per apprendere dalla storia che in mancanza di una forte identità nazionale il processo di modernizzazione del sistema distributivo italiano corre il rischio di restare incompiuto.