Le troppe sanzioni spingono le aziende a scegliere la via del pragmatismo
Il divario attualmente esistente fra fabbisogno di controllo e affermazione in azienda di efficaci e specifici sistemi di controllo è senza dubbio rimarchevole. In proposito, l'entità delle risorse destinate ad attività di controllo risulta sensibilmente condizionata dalla percezione che gli stessi investimenti consentano o meno di cogliere gli obiettivi prefissati, siano essi di economicità, di attendibilità o di conformità alle normative.
In effetti, la progettazione dei sistemi di controllo richiede la verifica che il valore associato alla riduzione degli errori o delle irregolarità determinata dai controlli sia maggiore dei costi di progettazione e funzionamento di questi ultimi. Tuttavia, la realizzazione di un congruo bilanciamento tra costi ed efficacia dei controlli è compromessa dalle note difficoltà di misurazione sul versante dei vantaggi, che costituisce uno dei motivi che inducono le aziende a destinare risorse aziendali in via prioritaria al presidio dell'obiettivo della conformità alle normative, in cui appare più agevole la percezione dei benefici.
Peraltro, l'enorme mole di disposizioni che le aziende sono tenute a osservare, a cui sono associate sanzioni assai diversificate, induce non di rado le imprese ad assumere comportamenti pragmatici, coerenti con una impostazione orientata alla omologazione dei comportamenti, ritenuta maggiormente cautelativa rispetto a una diversificazione pur allineata con le specificità d'azienda.
Sovente gli interventi sui sistemi di controllo sono effettuati più per costrizione che per reale convinzione: orbene, uno stimolo a intraprendere percorsi virtuosi potrebbe venire dalla stessa magistratura, ove fosse propensa a interpretare e attuare il portato delle norme in modo costruttivo e attento alle caratteristiche del contesto in cui sono applicate.
Si pensi, ad esempio, alla decisione d'azienda di investire risorse in relazione al dettato del dlgs. 231/01 in tema di responsabilità amministrativa delle società e degli enti: in base a tale disposizione, le aziende che abbiano adottato ed efficacemente attuato idonei modelli di organizzazione, gestione e controllo beneficiano della esimente rispetto alla comminazione delle sanzioni previste per le varie fattispecie di reato presupposto, invero assai pesanti.
Benché l'adozione dei modelli sia facoltativa, è di tutta evidenza che il valore associato all'esimente ne imporrebbe di fatto l'adozione, a meno che non vi siano fondate ragioni per temere che la magistratura giudicante possa ritenere comunque il modello inadeguato, rendendo così inapplicabili i correlati benefici. Ove i giudici si abbandonassero alla considerazione che "se è stato commesso un reato, si presuppone l'inidoneità del modello", ciò avrebbe conseguenze devastanti in termini di motivazione per le aziende ad investire in sistemi di controllo, giacché è ben noto che non esiste alcun sistema di regole in grado di impedire la violazione delle regole stesse; al più esistono sistemi, diversificati in relazione alle specificità d'azienda, in grado di minimizzare i rischi!
L'auspicio è che, anche tramite un'illuminata opera della magistratura, norme come quella in questione o come la legge 262/05 per la tutela del risparmio siano d'impulso alle aziende italiane per sviluppare una maggiore sensibilità aziendale verso i temi del controllo e non costituiscano, invece, ulteriori occasioni perdute.