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Lavorare meno per lavorare tutti. Ma con attenzione!

, di Annaig Morin
Tito Boeri ed Herbert Bruecker contribuiscono al dibattito sui programmi di lavoro a orario ridotto, evidenziando quanto possano essere efficaci nel contenere la disoccupazione in tempo di crisi, se implementati con attenzione

La Grande Recessione ha risvegliato l'interesse degli studiosi e dei decisori politici per i programmi di lavoro a orario ridotto. La Germania, in particolare, ha fatto un uso particolarmente intensivo del lavoro a orario ridotto durante la recessione e, nello stesso periodo, ha registrato un declino del tasso di disoccupazione nonostante la marcata riduzione della produzione e ha così sollevato grande interesse sugli effetti del lavoro a orario ridotto in termini di contenimento della perdita di posti di lavoro. Tito Boeri (Dipartimento di Economia e Fondazione Rodolfo Debenedetti) e Herbert Bruecker (Otto-Friedrich Universitaet Bamberg) hanno valutato tali effetti nel recente Short-Time Work Benefits Revisited: Some Lessons from the Great Recession (Economic Policy, Oct. 2011, DOI: 10.1111/j.1468-0327.2011.271.x). I loro risultati suggeriscono che l'orario ridotto può essere molto efficace in una grave recessione come quella attuale. Risultano però particolarmente importanti alcuni aspetti specifici di questi programmi, in relazione ad altre istituzioni del mercato del lavoro.

Anzitutto, gli autori documentano le notevoli differenze tra nazioni nei programmi di lavoro a orario ridotto per quanto riguarda dimensioni quali i criteri di idoneità, le condizioni necessarie ad averne diritto e i costi per i datori di lavoro. Sostengono che tali aspetti di progettazione, insieme a importanti istituzioni del mercato del lavoro come la legislazione di protezione dell'impiego e il grado di accentramento della contrattazione collettiva, influenzano la domanda di lavoro a orario ridotto. Questi risultati suggeriscono perciò che, quando si discute l'opportunità di aumentare la diffusione del lavoro a orario ridotto, si deve tenere in considerazione la struttura istituzionale del mercato del lavoro e che le molteplici dimensioni dei programmi di lavoro a orario ridotto devono entrare nel calcolo quando si progettano tali programmi.

Gli autori analizzano anche le proprietà cicliche del lavoro a orario ridotto. Ridurre l'orario di lavoro può risultare costoso per due motivi. In primo luogo, così facendo si determina un'inefficiente combinazione di ore e lavoratori e, secondariamente, si riduce la crescita di lungo periodo ostacolando la riallocazione dei lavoratori. Per tali ragioni, i programmi di lavoro a orario ridotto dovrebbero essere temporanei. Gli autori conducono una comparazione tra Italia e Germania, che evidenzia come il programma tedesco sia decisamente anticiclico, mentre quello italiano di cassa integrazione straordinaria e in deroga sembra aciclico.

Infine, gli autori valutano il ruolo ricoperto dal lavoro a orario ridotto in termini di salvaguardia dei posti di lavoro durante la Grande Recessione, utilizzando dati macroeconomici globali e dati a livello aziendale sulle imprese tedesche. Sia i risultati micro, sia quelli macro evidenziano l'efficacia di queste politiche nel ridurre la perdita di posti di lavoro. È interessante come i risultati macro suggeriscano che il lavoro a orario ridotto contribuisce alla limitazione delle perdite di lavoro solo in caso di grave recessione – un risultato che conferma la previsione teorica secondo cui tali misure vanno prese solo quando le imprese sono colpite da shock temporanei, e non quando si trovano ad affrontare difficoltà strutturali. L'analisi micro rivela che in Germania, grazie all'orario ridotto, sono stati salvati circa 400.000 posti di lavoro, un numero vicino alle stime macro per il paese. Comunque, l'evidenza empirica indica perdite considerevoli, nel senso che il numero di posti di lavoro salvati è sempre inferiore al numero di lavoratori coinvolti nel programma.