Clausole che imprigionano il lavoro: i patti di non concorrenza frenano anche l’Italia
Non è solo un fenomeno americano, come qualcuno potrebbe pensare. Anche in Italia, i patti di non concorrenza — quei contratti o clausole che vietano ai lavoratori di passare a un’azienda rivale o di aprire una propria attività — sono ampiamente diffusi. Lo rivela una ricerca pubblicata sul Journal of Law, Economics, and Organization da Tito Boeri (Università Bocconi, Dipartimento di Economia), Andrea Garnero (OCSE) e Lorenzo G. Luisetto (Cleveland State University).
Il loro studio, il primo di questo tipo in un paese europeo altamente regolato, mette in discussione l’idea che i “noncompete” siano una peculiarità del mercato del lavoro flessibile americano. Basandosi su un’ampia indagine rappresentativa di oltre 2.000 lavoratori del settore privato, gli autori evidenziano che il 16% degli italiani è vincolato da un patto di non concorrenza, una quota sorprendentemente simile a quella statunitense.
«Anche in un mercato del lavoro rigido e altamente regolato, i patti di non concorrenza sono diffusi, spesso non rispettano i requisiti minimi di legge, e tuttavia i lavoratori non sono consapevoli della loro effettiva validità.»
Vincoli invisibili
«Il 75% dei patti risulta giuridicamente non eseguibile, ma il 54% dei lavoratori crede che un tribunale li obbligherebbe comunque a rispettarli»
In teoria, queste clausole dovrebbero servire a proteggere l’impresa quando investe in formazione o affida informazioni riservate. In pratica, però, sono usate anche per trattenere manodopera e tenere bassi i salari, soprattutto tra i lavoratori meno qualificati. Il 9% degli operai e addetti alle mansioni elementari dichiara di avere firmato un noncompete, anche se non ha accesso ad alcun segreto industriale. Secondo Tito Boeri, «Il 75% dei patti risulta giuridicamente non eseguibile, ma il 54% dei lavoratori crede che un tribunale li obbligherebbe comunque a rispettarli.»
Un problema di consapevolezza (e di potere)
La ricerca rivela anche che solo uno su cinque prova a negoziare la clausola, mentre oltre il 70% la accetta così com’è. Alcuni la leggono in fretta, altri — un sorprendente 7% — dichiarano di firmare senza nemmeno leggerla.
Il risultato è un sistema in cui la legge prevede tutele, ma la scarsa conoscenza dei diritti e l’asimmetria di potere contrattuale le rendono inefficaci. Persino i sindacati, nota lo studio, non svolgono alcun ruolo nel controllo o nella contrattazione dei noncompete, a differenza di quanto avviene in altri ambiti regolati dalla contrattazione collettiva o in altri Paesi.
Meno libertà, meno salari
«Le clausole probabilmente invalide si associano a salari più bassi e a una qualità del lavoro inferiore rispetto a quelle potenzialmente valide»
Analizzando i dati, Boeri e colleghi mostrano che i lavoratori soggetti a patti di non concorrenza “non eseguibili” guadagnano in media meno di chi ha una clausola in linea con quanto previsto dalla legge. Lo stesso se la clausola è stata introdotta dopo l’assunzione senza cambiamenti di mansione invece di prima dell’inizio della relazione lavorativa. Come scrivono gli autori, «Le clausole probabilmente invalide si associano a salari più bassi e a una qualità del lavoro inferiore rispetto a quelle potenzialmente valide.»
In altri termini, le clausole illegittime penalizzano il dipendente — e, a livello sistemico, soffocano la mobilità e la concorrenza, con effetti negativi sulla produttività e sull’innovazione.
Che fare
Regolare l’uso di queste clausole è necessario ma da solo non sufficiente. Gli autori suggeriscono misure concrete: maggiore trasparenza, obbligo di indicare chiaramente i requisiti imposti dalla legge nel contratto e un ruolo più attivo delle autorità antitrust contro l’abuso di tali clausole. In alternativa, concludono, potrebbe servire un divieto esplicito, sul modello della proposta avanzata dalla Federal Trade Commission statunitense durante la Presidenza Biden: «Un divieto totale — scrivono — potrebbe essere l’unica soluzione realmente efficace, purché accompagnato da un’informazione adeguata.»
Tito Boeri, Andrea Garnero, Lorenzo G. Luisetto, “Noncompete agreements in a rigid labor market: the case of Italy”, The Journal of Law, Economics, and Organization, vol. 41, 2025. DOI: 10.1093/jleo/ewae012