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L'alta orologeria tra impresa e passione

, di Luana Carcano e Carlo Ceppi - rispettivamente, docente del Master in fashion, experience & design management della Sda Bocconi e manager di Iwc
Siamo il primo mercato in Europa, pur non vantando nessun operatore leader, ma 200 marche di tutte le dimensioni

L'orologeria meccanica tradizionale può essere considerata anacronistica rispetto agli attuali sistemi elettronici di uso comune, quali la telefonia o i computer palmari, ma non ha perso di fascino per una vasta schiera di appassionati.

I molti estimatori sono spinti ad acquistare, usare e collezionare questi strumenti principalmente da tre fattori: la tradizione del mestiere d'arte; l'estetica dell'oggetto; la marca. È soprattutto la cultura che i vari attori del settore hanno saputo far conoscere agli appassionati a condizionarne le scelte. Senza cultura, questi prodotti, appartenenti al comparto dei beni di prestigio, non potrebbero essere apprezzati appieno.

L'alta orologeria presenta nel contempo anche importanti e affascinanti aspetti dal punto di vista manageriale.

È un segmento sostanzialmente concentrato sia dal lato dell'offerta, con la produzione di orologi e di movimenti focalizzata in pochi paesi, come Svizzera e Germania, che dal lato della domanda. Ma il numero di marche, di differente dimensione e peso, operanti in Italia, è consistente; il loro numero varia tra centocinquanta e duecento. Pur essendo un mercato di nicchia in volume (4% della totalità degli orologi venduti), rappresenta più del 50% del mercato italiano a valore.

L'Italia ha sin qui rappresentato il quarto mercato al mondo e il primo in Europa per questo segmento. Da sempre riveste anche un ruolo fondamentale nella produzione di componenti per l'alta orologeria, in particolare casse e cinturini in oro, sfruttando le competenze orafe.

Il nostro paese non ha però espresso una forte tradizione manifatturiera nell'alto di gamma, pur avendo invece contribuito all'affermazione di numerosi modelli e marchi. Ha da sempre svolto un ruolo di trend-setter a livello mondiale che ha condizionato tendenze e scelte strategiche. Oggi questa preminenza è riscontrabile anche nella numerosa schiera di manager italiani che rivestono ruoli primari all'interno delle aziende internazionali del comparto.

Nel mondo dell'alta orologeria o al servizio della stessa, opera una serie di imprese con caratteristiche differenti in termini di assetto istituzionale, dimensioni, ambito di attività e strategia distributiva (case orologiere, brand del lusso, imprese orafe ecc.). Solo per dare un'idea della complessità e della varietà, basti pensare che all'interno del business model "case orologiere" si ritrovano da un lato i grandi gruppi che raccolgono un portafoglio prodotti, attività e marche ampio e diversificato e che sono caratterizzati dall'apertura del capitale e dalla presenza di un azionariato diffuso. Dall'altra parte invece ci sono operatori prevalentemente focalizzati nel segmento orologiero di prestigio, con una struttura proprietaria familiare o comunque privata e con un portafoglio di uno o pochi marchi.

Questi attori si trovano, sul mercato italiano, a dover operare con diverse tipologie di dettaglianti, che anche con riferimento a quelli più specializzati sono pur sempre di dimensioni relativamente contenute se confrontati con i principali concorrenti, anche solo a livello europeo. Per conservare la crescita dell'intero comparto, l'evoluzione dei rapporti industria-distribuzione appare inevitabile. Diventa importante passare da un rapporto puramente contrattuale ad una collaborazione strategica di lungo periodo con l'obiettivo di migliorare la soddisfazione del cliente finale e la competitività sul mercato di entrambi gli attori coinvolti.

Le imprese attive sul nostro mercato, produttori e dettaglianti, si trovano ad operare all'interno di un contesto reso assai competitivo dalla globalizzazione dei mercati, in cui negli ultimi anni si è accentuato il divario fra le marche ed i dettaglianti di maggior successo e quelli che faticano a mantenersi competitivi.

È inevitabile pensare che nel prossimo futuro il mercato italiano si troverà di fronte a un cambiamento radicale nelle regole del gioco, non solo a livello distributivo, ma anche nelle relazioni tra marche, distributori e dettaglio, nel rapporto con i consumatori o ancora nel ruolo internazionale di primo piano da sempre svolto. Questo cambiamento rappresenterà una grande opportunità per chi la saprà cogliere e l'uscita dal mercato degli attori marginali.