La politica dei piccoli finanziamenti
È difficile immaginarsi un mondo in cui l'attività politica sia svolta gratuitamente da persone volenterose e ricche di tempo libero. Al contrario, tale attività, specialmente durante le campagne elettorali, ha dei costi che devono essere coperti da fonti esterne. Si contrappongono due sistemi di finanziamento: il primo, tipico degli Usa, si basa su contributi privati da parte di cittadini, enti no profit e imprese, mentre il secondo, tipico dei paesi europei, si fonda su contributi pubblici.
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Riccardo Puglisi |
Scienziati, politici ed economisti hanno evidenziato i costi e i benefici di questi due sistemi: il primo soffre di un cosiddetto costo delle politiche (policy cost), in quanto individui e organizzazioni che offrono contributi potrebbero pretendere in cambio l'attuazione di politiche che si discostano dalle preferenze medie degli elettori. Dall'altro lato, questi finanziatori privati potrebbero godere di un vantaggio informativo, ovvero essere capaci di individuare meglio quei politici che sanno fare bene il loro mestiere, offrire solo a questi dei contributi e aumentare così la probabilità che questi vengano eletti. Per quale ragione ai finanziatori conviene essere dei buoni talent scout di politici? Secondo i modelli elaborati dagli economisti, la ragione sta nel fatto che questo è un investimento intelligente: il pubblico potrebbe scoprire indipendentemente dai contributi elettorali ricevuti che il tale politico è bravo e votarlo in massa, cosicché conviene ai finanziatori investire su un cavallo che ha maggiori probabilità di vincere. Per converso, un sistema di finanziamento pubblico delle campagne elettorali non risente, o non dovrebbe risentire, del costo delle politiche di cui sopra. D'altro canto, poiché si basa su criteri predeterminati di ripartizione dei fondi, tale sistema non può godere del vantaggio informativo di un sistema privato di finanziamenti. Un ulteriore costo è naturalmente quello diretto per le pubbliche finanze da cui provengono i fondi. Per la mentalità di un europeo è difficile trascurare il rischio di politiche lontane dalla volontà dell'elettorato, il quale è insito in un sistema privato di finanziamenti della politica, soprattutto quando sono imprese grandi a finanziare i candidati e i partiti.
Tuttavia, un recente lavoro empirico che ho condotto con Andrea Prat (Lse) e James Snyder (Harvard) (Is Private Campaign Finance a Good Thing? Estimates of the Potential Informational Benefits. Quarterly Journal of Political Science, 2010) mostra come sia la somma dei piccoli contributi elettorali a essere correlata positivamente con la qualità dei candidati come futuri legislatori, mentre sono i candidati meno capaci a ricevere più fondi sotto forma di "large money", cioè contributi elettorali singolarmente più generosi. Sotto questo profilo, potrebbe dunque funzionare bene un sistema di finanziamenti privati alla politica che sia caratterizzato da un limite basso al contributo massimo pagabile dal singolo individuo e dalla singola organizzazione. In ogni caso, sia per un sistema privato che per un sistema pubblico di finanziamenti, è fondamentale la trasparenza, ovverosia la possibilità per chiunque di avere accesso a informazioni su importi dei contributi e identità dei finanziatori, nonché sulle spese che questi contributi vanno a finanziare. A questo proposito i recenti scandali che hanno coinvolto i tesorieri di alcuni partiti italiani dovrebbero renderci ben consapevoli dei rischi insiti in un sistema opaco di finanziamenti.