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La lotta dell'uomo per dominare la natura

, di Giorgio Brunetti - professore emerito
Israele. Una tecnologia avanzatissima consente l'agricoltura e la trasformazione in un paese per metà desertico

Sbarcando al porto di Eliat, in terra di Israele, non si può far a meno di volgere lo sguardo a Oriente. All'orizzonte, ai piedi di una montagna, si estende Aqaba, la città giordana che dà il nome al golfo che dal Mar Rosso penetra tra il Sinai e l'Arabia nella terra promessa, da tempo area di guerre, di tensioni tra popoli e nazioni. Sembra di entrare in una grande città se non ci fosse il confine che le separa. Sull'area portuale una distesa di auto giapponesi e coreane. Sono là in attesa di essere trasferite in Europa. Tra Eliat e Ashdod, altro porto israeliano ma sul Mediterraneo, vi è un ponte terrestre di 300 chilometri, utilizzato quando il canale di Suez era chiuso al traffico marittimo israeliano, ma sempre utile per non essere schiavi dei voleri e dei poteri altrui.

Da Eliat, come da Aqaba, partono due strade parallele, la prima verso Gerusalemme e l'altra per Amman. Entrambe costeggiano il Mar Morto. Per gli israeliani è il quarto mare, dopo il Mar Rosso, il Mediterraneo e il Mar di Galilea, così chiamato nel Nuovo Testamento, che in realtà è il lago di Tiberiade. Prima di arrivare al Mar Morto lungo la strada israeliana, a differenza di quella giordana, si incontra l'antico e il moderno, la natura ricevuta come tale da secoli e quella modificata dall'opera dell'uomo.Dopo le saline vicine al mare ecco il deserto del Negev, un tenue giallino punteggiato da rari arbusti a ombrello. Tante testimonianze archeologiche a cominciare dalle antiche miniere di rame di Re Salomone. Tra le montagne "nude" anche serre che sembrano bastimenti alla fonda. Sono gli avamposti della lotta contro la scarsità di acqua. L'agricoltura in Israele è il risultato della felice sintesi tra scienziati, agricoltori e industrie dei prodotti agricoli. Una tecnologia molto avanzata per consentire un'agricoltura di alto livello in un paese per metà desertico.Più oltre si scende gradualmente fino a raggiungere il Mar Morto che si trova a oltre 400 metri sotto il livello del mare. Un mare che sta morendo per lo scompenso tra il limitato afflusso del Giordano e la forte evaporazione tanto che si sta progettando, contro il parere degli ambientalisti, un canale artificiale che convogli l'acqua dal Golfo di Aqaba. La ricchezza in questa zona sono i sali e i minerali – cloruro di magnesio e potassio – ma anche le alghe termo-minerali che trattengono calore e i fanghi originati da depositi millenari. Si consideri poi l'assenza di inquinamento e l'evaporazione continua, che crea un'invisibile nube di protezione dalle radiazioni. Un microclima quindi che attrae turisti, così come le cure estetiche. Dieci minuti di galleggiamento sono sufficienti per ottenere un effetto sulla pelle di 48 ore. Sali e fanghi del Mar Morto hanno proprietà curative scientificamente riconosciute. Hanno effetti positivi sulle malattie della pelle e sono indicati per lenire dolori muscolari e articolari. Alberghi e centri termali si sono affiancati alle saline ed è fiorita un'industria cosmetica e farmaceutica a base di prodotti naturali. Sono una cinquantina le aziende che utilizzano prodotti del Mar Morto in gran parte esportatrici. Imprese che scommettono sull'innovazione, nonché sulle risorse locali. Andando verso nord si arriva a Masada e alla fortezza di Erode il Grande, inerpicata in cima al "sentiero del serpente", simbolo della resistenza ebraica alla conquista romana. Da queste parti si dice che sorgesse la perversa Sodoma, si scorge anche una roccia, chiamata la moglie di Lot, la sventurata che, presa dalla curiosità, si gira durante la fuga a osservare l'incendio della città, viene colpita dall'ira divina e trasformata in una colonna di sale. Dalla cima della Fortezza si gode una vista indimenticabile. Un tetto del mondo dove si incrociano e si confondono i colori diversi del mare, del deserto e dei monti lontani.