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La fibra che non c'e'. Un gap all'italiana

, di Sandro Frova - ordinario di finanza aziendale presso il Dipartimento di finanza della Bocconi
Abbandonata l'idea di un'unica rete di banda ultralarga, i progetti ora in cantiere sono solo a macchia di leopardo

Che la vera banda ultralarga (Ubb), ovvero il collegamento in fibra con capacità minima di 100 mega, sia un fondamentale volano dello sviluppo è cosa ormai ampiamente riconosciuta; secondo numerosi osservatori essa è senza dubbio il più potente e il più indispensabile fra i carburanti della crescita e della competitività, con un impatto dell'investimento in reti di telecomunicazioni di nuova generazione (Ngn) misurabile in un differenziale di crescita del pil superiore all'1%. In alcuni paesi, principalmente in Asia, la Ngn è stata considerata un vero e proprio obiettivo di politica economica, e gli stati sono intervenuti più o meno direttamente per incentivarne una diffusione veloce ed estesa. Diversamente dall'Italia e, a onor del vero, da numerose altre nazioni europee.

L'Italia non è messa bene: abbiamo pochi collegamenti in fibra, che salvo eccezioni non superano i 20 mega. Invero abbiamo molta banda larga: si tratta dei collegamenti in adsl che ancora usano la vecchia rete in rame, inadatti alle imminenti esigenze. Un paio di anni fa diverse analisi sulla sostenibilità economica di un piano di diffusione nazionale dell'Ubb avevano concluso che il ritorno dell'investimento avrebbe richiesto una disponibilità della clientela a spendere qualcosa di più per avere i nuovi allacciamenti. Una disponibilità che, almeno a oggi, l'evidenza dei fatti dimostra essere poco diffusa. Dunque, in un'ottica puramente di mercato, l'investimento in un progetto di diffusione capillare dell'Ubb non avrebbe oggi ritorni soddisfacenti. Uno stato lungimirante, pur nella drammatica situazione di finanza pubblica in cui si trova l'Italia, avrebbe capito che il trade-off fra insoddisfacente ritorno dello specifico investimento e spinta alla crescita e alla competitività dell'intera economia sarebbe stato chiaramente a vantaggio della seconda e avrebbe, di conseguenza, tentato di individuare interventi adatti a spingere le imprese all'investimento. Ma così non è stato. La situazione a oggi è quindi di avere un freno allo sviluppo: il sistema economico italiano subisce un gap di competitività internazionale; il mondo dei servizi al cittadino non dispone di un importante strumento per il recupero di inefficienza; ed i privati cittadini hanno un accesso lento alla società digitale. Dato che la soluzione migliore, ovvero la creazione di una sola Ngn capillare, pare ormai persa, occorre accontentarsi di soluzioni di second-best. Oggi sono in cantiere progetti locali che prevedono la creazione di società delle reti che attuino il cablaggio e si occupino poi della gestione (l'ultimissimo riguarda un accordo fra Regione Lombardia, Metroweb e F2i per cablare i capoluoghi di provincia). Non è del tutto chiaro, al momento, come tali progetti si interfacceranno con l'offerta di banda larga adsl da parte degli operatori di telecomunicazioni, in primo luogo l'incumbent Telecom Italia, che dichiara apertamente di voler procedere da solo e senza fretta. In sintesi, una rete capillare di Ubb costituirebbe senza dubbio l'infrastruttura con il più alto rapporto benefici/costi.

Dato che nessuno è stato capace di trovare soluzione al problema, non banale, rappresentato dal fatto che i costi di una rete unica sono settoriali e i benefici sono principalmente di sistema, dobbiamo tutti quanti preoccuparci: da un lato che i progetti in cantiere, quelli a macchia di leopardo per intenderci, si sviluppino senza inutili intoppi; dall'altro di non ritrovarci nel prossimo futuro con posizioni dominanti difficilmente controllabili.