Imparare da Roma
Nel 1987, John Kenneth Galbraith, alla Bocconi, sottolineava che "il futuro è nelle arti, nello sviluppo culturale e non soltanto nelle tecnologie". L'ingegneria consente di vivere nelle comodità e svagarsi con facilità, ma non quieta il bisogno di sapere. Se ci riferiamo all'evadere per rigenerare il fisico sembra che il fenomeno sia nato ieri grazie allo sviluppo della tecnologia. Se invece riflettiamo che il turismo è nato con l'uomo, ci rendiamo conto che tanto di quanto è a nostra disposizione era già stato realizzato e ne ricaveremmo utili indicazioni per soddisfare il bisogno di conoscere per vivere.
Il primo museo sorto attorno a un luogo sacro di cui si ha notizia, voluto da Nabucodonosor II, sorse nel VI sec a.C. a Babilonia. I greci aggiunsero all'attrazione religiosa e culturale lo sport: a Dioniso erano dedicati particolari raduni sportivi anch'essi capaci di attirare moltitudini di pellegrini. Per facilitare i contatti già dal VI secolo a.C., in Siria, apparve il primo dizionario in più lingue inciso su tavolette d'argilla. Il primo albergo di cui si ha notizia venne costruito a Creta mille anni prima dell'era volgare e contava 150 camere. È di quegli anni la prima nomenclatura professionale dell'ospitalità: enkoimeterion era il dormitorio pubblico annesso ai templi dedicati ad Asclepio; xenon era la camera privata riservata all'ospite; pandokeinon era l'ostello destinato ai pellegrini (il primo fu costruito in Beozia). La rete delle strade di Roma (80.000 chilometri) consentiva anche il viaggio notturno sulla carruca dormitoria, il vagone letto dell'epoca. La rete aveva le sue stationes destinate alla sosta, situate a una giornata di viaggio l'una dall'altra (40 km). Tale rete, e le linee di navigazione, costituirono così un supporto al turismo che ben presto si trasformò in attenzione per le entrate che potevano derivarne. L'ospitalità non era più gratuita, il turista pagava il trasporto, l'alloggio e la ristorazione. Così sulle merci che acquistava nel viaggio il fisco pretendeva la professio.
Lo sviluppo dei viaggi nell'impero romano è documentato: l'itinerarium antonianum del IV secolo descrive quanto era possibile ammirare e di quali servizi si poteva disporre lungo 372 strade. Interessante è la descrizione delle località attraversate dalla via Appia andando da Roma a Brindisi. Località note ancora oggi, come Ostia, Tivoli, Ercolano, Pompei, Capri erano i luoghi dove i signori dell'epoca avevano le loro ville. Per gli altri desiderosi di una vacanza erano disponibili gli hospitium per il soggiorno e i diversorium per le semplici tappe, mentre i loro carri trovavano sistemazione negli stabulum situati extra muros.La ristorazione aveva un particolare peso nel mercato turistico: in sala, il servizio era affidato principalmente al nomenclator, incaricato della distribuzione dei posti a tavola. Il menu (da minutus: lista, sunto) veniva letto.
Il richiamo alle parole di J.K. Galbraith pare oltremodo pertinente per come vanno le cose nella società globalizzata, che rischia la banalizzazione per l'abuso delle tecnologie atrofizzando la creatività di cui il turismo ha bisogno. Pare evidente che i Romani sapessero mettere a disposizione delle proprie capacità creative gli strumenti tecnologici dell'epoca senza esserne schiavizzati. La loro politica di sviluppo aveva come pietra angolare la sicurezza che lo stato garantiva per consentire l'utilizzazione delle infrastrutture generali e di quelle specifiche, così che quel sistema costituiva anche il primo strumento di promozione del turismo. Itinerari certi e strutture di accoglienza dimostrano l'attenzione riservata alla gestione del fenomeno: la politica garantiva gli imprenditori e i consumatori dando concretezza allo slogan "tutte le strade portano a Roma".