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Immaginare il futuro

, di Giuseppe Soda, Greta Nasi e Guia Pirotti - rispettivamente, direttore Divisione ricerche SDA Bocconi, SDA professor di public management and policy, SDA assistant professor di strategia e imprenditorialita'
Una survey SDA Bocconi evidenzia l'importanza di sviluppare capacità strategiche. E di non essere follower

Negli anni della crisi era inevitabile tornare a interrogarsi sulla competitività del modello produttivo italiano. Sebbene gli eventi congiunturali giochino un ruolo cruciale, vent'anni di indicatori economici mettono in luce una questione più strutturale che riguarda la nostra capacità di competere nel mondo globalizzato e ipercompetitivo. Il problema è stato analizzato a fondo ma, quasi sempre, con una prospettiva che guarda al sistema paese, alle politiche pubbliche e al contesto regolativo in cui le imprese si muovono. Poche volte si è proposto un punto di vista che prova ad analizzare il tema della competitività partendo dalle debolezze delle singole imprese, dalla percezione di chi quelle imprese è chiamato a governarle e gestirle.

Una survey dell'Osservatorio manager insight della SDA Bocconi, che ha l'intento di mappare il punto di vista dei manager rispetto alla rilevanza e all'adeguatezza delle capacità che vengono o possono essere sviluppate dall'azienda stessa nel gestire attività e processi, ha proposto non solo una fotografia degli elementi di forza e di debolezza delle imprese, ma anche indicazioni pratiche al management. Somministrata a un campione stratificato e rappresentativo di manager e middle manager di imprese italiane, l'indagine ha messo in luce alcuni interessanti risultati.I manager italiani sentono come particolarmente rilevante lo sviluppo della capacità strategica, intesa come la comprensione della struttura competitiva del mercato e l'adattamento rapido alle sue evoluzioni all'interno di un progetto di lungo periodo e fondato su una chiara vision. In modo apparentemente contro-intuitivo, i manager delle imprese italiane ci dicono che è proprio in mezzo alle turbolenze e alle incertezze della crisi che le imprese dovrebbero usare a fondo la capacità di costruire un progetto e una visione di lungo periodo. Ci dicono, in altre parole, di interpretare gli eventi contingenti, positivi e negativi che siano, in un contesto che proietta l'impresa in una dimensione di lungo periodo che le permette di sviluppare competenze e capacità in grado di assicurare sopravvivenza e risultati positivi nel lungo termine. È proprio alla luce dell'importanza attribuita a questa capacità che può essere interpretato il grande senso di smarrimento di fronte al credit-crunch. Perché è evidente che senza il sostegno finanziario e gli investimenti, la capacità strategica non può essere efficacemente mobilizzata dalle imprese.

Se la capacità strategica è considerata una delle chiavi per il ripristino di condizioni di competitività strutturale, il gap più rilevante tra rilevanza e adeguatezza è riferito alla capacità delle imprese di apprendere velocemente e modificare altrettanto velocemente le conoscenze. Questa capacità consente all'impresa di superare gli stati di tensione e i momenti critici sviluppando capacità adattive di ordine superiore che le permettono di continuare a produrre competenze e conoscenze sempre nuove, strumentali all'anticipazione delle dinamiche e delle sfide nei contesti in cui opera. Particolarmente inadeguati appaiono, in proposito, i legami con i centri di generazione e diffusione della conoscenza (università, centri di ricerca) ma anche una cultura d'impresa che non premia il continuo sviluppo di conoscenza quanto piuttosto approcci più imitativi e da follower.