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Il vallo di Adriano non e' mai sembrato cosi' alto

, di Angelo J. Soragni - PhD Candidate in diritto internazionale dell'economia alla Bocconi
Dopo la vittoria dei nazionalisti alle elezioni di maggio si fa concreta la possibilità di indipendenza scozzese

La vittoria schiacciante dei nazionalisti dello Scottish national party (Snp), nelle consultazioni del maggio scorso, rende concreta l'opportunità per gli scozzesi di raggiungere più autonomia, se non addirittura la tanto sospirata indipendenza.

La netta vittoria, dopo anni di governo privo di una maggioranza assoluta e che si basava sull'appoggio esterno dello Scottish labour party, darà la possibilità al riconfermato first minister Alex Salmond di mantenere la promessa fatta in campagna elettorale: chiedere il referendum sull'indipendenza entro pochi anni. Lo Scottish national party, il partito del premier, ha, infatti, conquistato la maggioranza assoluta (overall majority) dei 129 deputati di Holyrood, il Parlamento di Edimburgo, raggiungendo la soglia di 69 seggi. Ben 22 in più rispetto alle consultazioni del 2007. Lo Scottish labour, invece, perde buona parte del peso politico che fino ad oggi aveva avuto nelle decisioni di Holyrood dal 12 maggio 1999, data della prima adunanza del Parlamento di Edimburgo. Il partito passerà da 46 Msp's (Member of scottish parliament) a 37. All'incirca la metà di quanti assegnati al rivale Snp. Un risultato decisamente catastrofico. Il destino del Regno Unito, dunque, sembra essere proprio quello della disgregazione. È la prima volta che l'Snp può governare da solo. Fino ad oggi, a partire dal 2007, aveva sempre dovuto governare con l'aiuto "esterno" dei laburisti, i quali avevano fortemente rallentato tutte le iniziative politiche per ottenere una maggiore autonomia da Londra. L'esito elettorale apre nuovi scenari politici per il Regno di Sant'Andrea e gli scozzesi e, allo stesso tempo, aumenta le preoccupazioni per l'esecutivo di Downing street. L'autonomia conquistata nel 1998, a seguito dello Scotland act, con la devoluzione di alcuni rilevanti poteri e la successiva formazione di un'assemblea rappresentativa pare, infatti, ai più un risultato oramai superato; e così il referendum sulla scissione dalla Gran Bretagna si farà molto probabilmente entro questo quinquennio, come peraltro già annunciato da Salmond all'indomani della vittoria. Durante questa legislatura scozzese, quindi, potrebbe essere annullato l'Act of union sancito nel lontano 1707, regnante Anna Stuart, che portò all'unione dei parlamenti di Scozia e Inghilterra, già formalmente legate in un'unica Corona dal 1603, data dell'avvento di Giacomo VI di Scozia al trono d'Inghilterra. In realtà, se la Scozia ottenesse l'indipendenza, il quadro politico e culturale in sostanza cambierebbe di poco. Il Regno di Sant'Andrea, infatti, nei secoli, ha sempre conservato i propri sistemi giuridici e di istruzione, nonché la religione presbiteriana; inoltre, il monarca britannico rimarrebbe comunque capo dello Stato e della Chiesa, in quanto l'ala moderata dello Snp non mira certamente a far fuoriuscire un eventuale stato scozzese dal Commonwealth. Come accaduto in anni passati in Australia e Canada, la Scozia, pertanto, non diverrebbe una Repubblica. Concludendo, appare chiaro che dai tempi dell'unione dinastica delle corone di Scozia ed Inghilterra del 1603 il Vallo di Adriano non è mai stato così spesso ed alto. Un esito favorevole del referendum potrebbe ulteriormente acuire tale distanza, ma, ad oggi, stante la legislazione del Regno unito, lo stesso non avrebbe alcun valore vincolante.